FERMO - Nelle Marche, dopo l'ordinanza del presidente Francesco Acquaroli e l’ingresso in zona rossa fino a domenica, saranno 8.415 il numero di imprese marchigiane la cui attività è sospesa.
Il dato è della Camera di Commercio Marche, presieduta da Gino Sabatini. Tra le 8.415 attività sospese, 8.267 (98%) sono concentrate nelle zone rosse. Resiste in zona arancione il solo territorio di Ascoli Piceno dove, fa sapere la Camera di Commercio, valgono minori restrizioni che comunque hanno portato alla sospensione di 148 imprese delle oltre 20.600 attive in provincia.
In zone rossa «rimangono chiusi oltre ai luoghi dello sport (piscine, palestre, impianti sportivi), dell'intrattenimento (discoteche e sale da ballo) e della cultura (come cinema e teatri) anche codici del settore del commercio al dettaglio. Non viene annoverata tra le attività sospese la ristorazione, considerando che i servizi di asporto e consegna a domicilio rimangono attivi.
“Di fronte a questo quadro, sono necessari correttivi puntuali, senza l'introduzione di limiti rigidi sui ricavi. Il calcolo sulle perdite – spiega Massimiliano Polacco, direttore della Confcommercio Marche - va spalmato su un intero anno, altrimenti si creano iniquità e disparità che rischiano di aggiungere danno ai danni in particolare alle attività caratterizzate da una forte componente di stagionalità del lavoro.
Nell'Anconetano la concentrazione più alta di imprese sospese si rileva nel capoluogo (616), a Senigallia (317), Osimo (183), Jesi (277), Falconara Marittima (152), Chiaravalle (104), Castelfidardo (94).
Nel comune di Fermo sospese 221 imprese, 205 a Porto Sant'Elpidio, 152 Porto San Giorgio, 78 a Montegranaro, 47 a Monte Urano. In provincia di Macerata, oltre al capoluogo ( 326), si segnala Civitanova Marche (491), Porto Recanati (265), Tolentino (154) e Recanati (105). Nel Pesarese sono ferme 594 attività nel capoluogo di provincia, 388 a Fano, 114 a Mondolfo, 94 a Urbino, 86 nel Vallefoglia
“E’ indispensabile – ribadisce il direttore – un approccio progressivo per sostenere le Imprese altrimenti si rischia di far morire chi è in maggiore difficoltà. Per questo è necessario aiutare in prima battuta chi è stato costretto a chiudere per lungo tempo a causa delle misure di contenimento del Covid. Poi sarà la volta di chi ha lavorato a ranghi ridotti e successivamente di chi ha dovuto fare i conti con il calo dei fatturati. I nostri imprenditori continuano ad indebitarsi e i ristori attesi con i 32 miliardi di scostamento decisi a gennaio sono ancora in un cassetto. Aspettare ancora potrebbe significare far chiudere altre migliaia di imprese mentre le misure di ristoro devono essere adeguate e tempestive”.