FERMO – “Il 4 ottobre è stato diffuso un video bruttissimo riguardante una violenta aggressione di una studentessa dell’Ipsia nei confronti di un’altra alunna”. A riprenderlo altre compagne di fronte al Terminal. “Mi sono attivato non appena visto il video, che mi è arrivato su WhatsApp. Prima siamo risaliti alla scuola, poi con la collaborazione della dirigente Bernardini abbiamo capito chi era la vittima” spiega il dirigente dell'anticrimine Francesco Costantini, l’esperto di cyberbullismo all’interno della questura di Fermo.
È stata così convocata la madre. “Ci abbiamo parlato e spiegato quello che si poteva fare. Ha presentato una istanza e al termine di una rapida indagine il questore ha emesso tre ammonimenti legati alla vioolenza e alla registrazione e diffusione del video”. Sull’aggressione saranno valutate anche altri azioni penali e civili.
L’ammonimento è ‘una tirata d’orecchie’ che il questore fa a chi commette un certo tipo di reato per proporre una via ammnistrativa alternativa al penale. “Un ammonimento per cyberbullismo, atti di natura prevaricatoria, violenti o diffamatori, che sono veicolati attraverso alla rete. La differenza dal bullismo è il modo con cui vengono veicolati” precisa affiancato dalla psicologa Catia Marilungo, presidente dell’ordine regionale.
Due quindi i piani di azione: uno legato all’aggressione, l’altro alla diffusione delle immagini. “L’operazione ha portato a tre ammonimenti, sono i primi tre della questura di Fermo. Parliamo di due studentesse. Una aggredisce e strappa la ciocca di capelli all’altra. Si sono così create le due tifoserie, compagne che non muovono un dito e incoraggiano per arrivare a vedere come va a finire. Tre o quattro alunni registrano. Diversi video, uno è diventato virale ed è quello di cui dobbiamo ancora capire la mano” racconta Costantini. Gli altri video son stai bloccati dagli autori stessi, per paura, chiarisce il poliziotto.
L’autore del video è quindi al momento ignoto, “ma stiamo facendo accertamenti”. E farebbe bene a confessare. “Il video mostra atteggiamento passivo di tanti, chi gira il video inquadra altre due che riprendono. Grazie al supporto della scuola abbiamo individuato il gruppetto che con il loro atteggiamento ha approvato e ripreso. Le abbiamo identificate e convocate, alla presenza dei genitori, per lo più madri”. E così per tre quindicenni sono scattati gli ammonimenti. “Madri preoccupate soprattutto per le conseguenze” ribadisce il comandante.
Cosa accade ora? “Diversamente da quello per stalking e violenza domestica cessa al termine della minore età. Questo perché soggetto a sua volta vulnerabile, come l’aggredito. Va recuperato”. E questo avviene attraverso un percorso.
Che è fondamentale. “Il bullismo c’è da sempre, dagli oratori alla scuola per arrivare al mobbing sul posto di lavoro. Il cyberbullismo però è dilagante. Spesso la cosa più grave è che quello che mettiamo online, che parla di noi e delle nostre azioni, i ragazzi non capiscono che ha lo stesso valore di quanto accade in presenza. I ragazzi non si rendono conto che quel video girerà per anni e resteranno un’etichetta. E poi c’è la ripercussione legale che può tornare. Troppi adolescenti vivono una scissione tra reale e virtuale. Se rubo una penna so di commettere un reato, ma se insulto e minaccio online penso che sia tutto meno grave”.
Ecco il problema, la leggerezza nell’agire. “Nonostante ci siano stai casi di suicidi. Bisogna entrare nelle scuole e raccontare quello che accade. Le competenze psicologiche sono gravi per tutti. Nessuno è salvo”. Il danno che provocano questi fatti è evidente. “Nelo specifico, la vittima per giorni no è andata aa scuola, oltre alla prognosi di sette giorni per l’aggressione. La ‘violenta’ è stata sospesa e altri provvedimenti sono stai presi dalla scuola” aggiunge Costantini.
Una scontro tra gruppetti è diventato così un caso di bullismo. Si poteva intervenire prima? “La scuola ci ha provato, la tensione si respirava da tempo. Ma poi son i ragazzi che decidono se alare i toni. La scuola è stata bravissima, ringrazio davvero la dirigente che ha condotto una sua inchiesta a fini disciplinari usando lo psicologo interno. E ha raggiunto lo stesso obiettivo della nostra indagine. Sono stati bravi a intervenire nell’immediatezza dopo averci provato in anticipo agendo su tensioni ‘sociali’ dovute a differenze interne al gruppo”.
Quello che è emerso, anche nelle reazioni social seguite alla diffusione del video, è che si sono create due fazioni. “Ma la cosa che deve essere chiarissima è che a prescindere dalle ragioni non si può mai farsi giustizia da soli” aggiunge Costantini.
Il recupero di tutte le protagoniste sarà complesso. “Il contrasto deve essere integrato: bene l’ammonimento, ma poi serve il supporto educativo e psicologico. In questo la scuola si sta muovendo molto bene” proseguono Costantini e Marilungo.
“La scuola si impegna nel contrasto. Azioni di sistema: educazione civica legato all’uso del web, favorire il corretto utilizzo e consapevolezza rischi e insidie; incontri sulla comunicazione non violenta basata su confronto. Nel caso specifico: provvedimenti disciplinari per finalità educativa, ripristino rapporti corretti, utile la psicologa scolastica, collaborazione con le famiglie” ricorda la dirigente Bernardini. Proprio grazie allo psicologo. “Nelle scuole siamo al terzo anno di inserimento di questa figura, le Marche hanno una legge apposita e dà fondi appositi per inserire in organico la figura dello psicologo. Non è solo sportello d’ascolto, ma lavora con personale, ragazzi e famiglie”.
Cosa accadrà alla ragazza violenta che tornerà a scuola? “Serve – conclude la psicologa – un lavoro prima del rientro, perché ci sarà chi dirà brava. Va aiutata e riabilitata a livello psicologico. Bisogna agire sul gruppo. Gelosie alla base, quello che preoccupa è il contesto ingrandito attorno, il pubblico che si crea. Ai ragazzi diciamo che bisogna distinguere tra ruolo attivo e ruolo passivo, di approvazione. Ma c’è pure una che aiuta a rialzarsi e va esaltata”. Per questo non è finita qui l’indagine.