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VIDEO Daye e la 'sua' Scavolini, dai successi al taglio di Bucci: "Avevano scelto Darwin, poi mi hanno richiamato. Pesaro, il posto più bello"

19 Aprile 2025

di Raffaele Vitali

PESARO – Il cerbiatto è tornato a casa. La sua ‘seconda’ casa, perché Darren Daye a Pesaro è un pesarese che vive a Las Vegas.

Come sempre, il merito è di Walter Scavolini che ha organizzato la super cena nella sua villa con la squadra degli scudetti. E quindi, Daye non poteva mancare. “Bellissimo tornare e ritrovare i compagni con cui ho vinto. La famiglia Scavolini è la mia famiglia. Il calore di Pesaro è unico”.

Cosa si aspetta dai tifosi?

“Diciamo che le persone vecchie come me sono certo che mi accoglieranno bene. Sono venuto solo una volta nel palasport nuovo, per cui è tutto molto emozionante”.

Daye, ha potuto seguire la VL Pesaro dall’America?

“MI sono informato online, o meglio è mia moglie che mi fa la rassegna stampa. Ho visto che ci sono stati buoni e brutti momenti. La stagione è impegnativa, ma vi seguo sempre”.

Facciamo un passo indietro, che effetto le ha fatto vedere giocare suo figlio Austin con la maglia di Pesaro e con il suo numero 9?

“È stato un grande momento, per lui è stata una grande opportunità. Non a caso oggi ancora gioca a Taiwan. Poter scendere in campo dove ha giocato suo padre credo che sia stato speciale anche per lui. Parlavamo spesso in quel periodo, anche lui non vede l’ora di tornare a Pesaro”.

È stato complicato per Austin crescere con un padre così forte?

“Certo da ragazzo era un po’ complesso, era il figlio di Darren della Ucla e dei Boston Celtics, ma lui è stato bravo a crearsi un’ottima carriera”.

Scavolini è stato un presidente diverso dagli altri che ha avuto?

“Ho giocato per molti team, ma la sua passione, al tempo era giovane e questo è stato un valore aggiunto, era qualcosa di unico. Lui era molto coinvolto, come la città e le persone che hanno saputo rendere tutto speciale, permettendoci così di arrivare in alto. Non potevo chiedere un posto migliore per giocare, lo dico sempre a mia moglie”.

Perché Pesaro visto che giocava con i Boston Celtics?

“Volevo l’Italia, la sentivo come una opportunità. Si era aperta la porta di Pesaro, ne parlavano tutti bene. Ma dovevano scegliere tra me e Darwin Cook. E scelsero Cook. Avevo giocato con lui durante l’estate, speravo cambiasse qualcosa. Si è riaperta la porta e sono arrivato trovando al mio fianco un americano che sapeva esattamente a chi passare la palla. Poi ho conosciuto gli altri. Ricordo anche che sono entrato al palasport dopo che Petrovic nell’ultima gara aveva segnato 47 punti, non facile…”.

Ha un ricordo speciale?

“Senza dubbio il miglior match fu gara 1 playoff contro Caserta. Zampolini fece grandi cose. Da lì è iniziato tutto. Loro tiravano molto da tre, eravamo riusciti a recuperare e a vincere. Poi gara due con Cook che marcò Oscar”

Il basket di oggi è differente, le piace?

“Si e no. È sempre eccitante, il tiro da tre punti è stata una evoluzione, forse dovrebbero rendere il campo più grande. Di certo se segni solo da due sei destinato a perdere. Il primo che ha cambiato il gioco è Olajuwon, poi è arrivato Curry e davvero è diventato un altro sport. Che amo e ogni giorno mi diverte”.

Lei non tirava mai da tre punti, perché?

“Il motivo è semplice: avevo già dei buoni tiratori in squadra, forse potevo tirare, ma amavo presentare e passare la palla a chi era pronto e libero. Vedete, è importante essere vincenti e quindi fare bene per sé stessi, ma soprattutto per i compagni, sapendo in anticipo cosa fare. Io e Darwin lo facevamo”.

Tra i tanti, oggi ha al suo fianco Beppe Natali e Walter Magnifico, che compagni erano?

“Natali era un giocatore di squadra, era molto fisico. Era uno dei grandi italiani affiancati a due ottimi americani, i giusti americani per vincere. Magnifico era il capitano. Come uomo è stato il top. Un giocatore di cuore, era veramente piacevole. Quando giocavo era senza dubbio il miglior giocatore italiano. E non lo pensavo solo io. È stato davvero un grande capitano, ci ha permesso di tenere alto il livello. Come dire, una bella persona”.

Scusi Daye, ma perché andò via da Pesaro?

“Fu un momento molto difficile. La decisione la prese coach Bucci. E dire che con il nuovo arrivato Carlton Myers avremmo fatto grandi cose e di certo avremmo vinto un altro titolo”.

Cosa fa oggi Darren Daye?

“Lavoro nel mondo degli investimenti, sono un promotore finanziario. Da quattro anni vivo a Las Vegas, sono lì con i miei parenti e ha comprato casa anche Austin”.

Che sport pratica?

“Gioco a squash, un sport molto veloce, gioco tre volte a settimana per 90 minuti”.

Quindi dieci minuti ancora con la VL li può fare.

“Non scherziamo, ho giocato dai 7 ai 37 anni a basket, mi è bastato”.

Natali lo ascolta, ammirato come allora e chiude l’incontro speciale nella sede tra le coppe vinte insieme, i libri ricordo e le gigantografie. “Vedete, Darren era un giocherellone. Era bello da vedere anche solo nel movimento. Era forte, poi è chiaro che per vincere servivano Costa, Magnifico, Gracis e gli altri. il basket è uno sport di squadra, va sempre ricordato. Pesaro per tutti noi è stato qualcosa di unico e se no lo hai vissuto non puoi capire. Qui c’era un rapporto familiare che creava legami, oggi un mese e un americano se ne va. Altri tempi, ci si abbracciava. E siamo ancora qui ad abbracciaci”.

Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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