FERMO - Quattro consiglieri comunali e un civico impegnato accendono il faro su via Respighi e l’annosa vicenda giudiziaria, che si è chiusa, e amministrativa.
“Casa Comune – spiega Alessandro Volponi è una associazione che punta su partecipazione e legalità. E quindi è impossibile non parlare di un abuso dalle dimensioni enormi, delle richieste di risarcimento paventate da costruttore e azienda, delle parole entusiaste del sindaco alla chiusura del giudizio penale, concluso con tante prescrizioni e una assoluzione nel merito. Che il rappresentante di una parte civile, il Comune si è costituito in giudizio, si compiaccia lascia basiti. La prescrizione è un atto di resa della giustizia ed è un incentivo all’impunità. Se la giustizia non è arrivata in fondo è per colpa della carenza di organico del sistema. E questo deve preoccuparci tutti” prosegue Fortuna.
Il punto chiave che condivide con i consiglieri Rossi e Torresi, “ma sarebbero stati qui anche i pentastellati Mochi e Temperini”, è semplice: “La prescrizione non nega l’abuso”.
La sentenza ha confermato la rivendicazione del Comune, secondo Volponi, Rossi e Torresi. “Nella sentenza del Tar, arrivata prima di quella del tribunale di Fermo, c’è l’ammissione di colpevolezza da parte degli autori dell’abuso che si erano dichiarati disposti a demolire e o monetizzare l’abuso. Forse il giudice penale non conosceva la sentenza amministrativa. Mi chiedo se l’avvocato della parte civile abbia fatto valere in sede penale il nero su bianco che troviamo nella sentenza del Tar, complessa e chiara”.
Il punto ora è dirimere la vicenda dell’abuso, con le parti distanti: per la Coop si parla di 70 centimetri, per gli uffici comunali, stando ai verbali del Tar (sentenza del 25 luglio 2019), di 2,60 metri (932mc). “Una differenza importante, come lo è il percorso che verrà utilizzato per dirimere la questione. Se con l’articolo 34, quindi monetizzazione per il comune, del testo unico o il 36, con conseguente demolizione delle parti in eccesso” precisano i tre che infine ricordano come “le prescrizioni non sono assoluzioni nel merito”.
Che accadrà, quindi, e quando? Giulia Torresi, da tecnico, fa una previsione: “Di certo mesi, anche se le procedure son state snellite. Il problema è decidere l’entità dell’abuso, riconosciuto dal Tar nel momento in cui ha avallato l’atto amministrativo dell’allora amministrazione Brambatti che sospese la costruzione. È evidente che è stata falsata la linea di terra e che al contempo l’ecomostro resta. Possibilità di riportarlo alla legalità c’è.
Magari destinando una parte di volumetria a fini sociali, soluzione che ci trova tutti d’accordo. Da risolvere resta soprattutto il problema dell’altezza. Ora – conclude - l’impresa deve proporre un nuovo progetto (prevista anche la riduzione del commerciale di 2mila metri quadrati con la creazione di un porticato a uso pubblico, ndr) che di fatto rimuova gli elementi abusivi. Il Comune deve definire i volumi e decidere quale parte demolire o, nel caso in cui si trovi un accordo differente, quale vantaggio trarre”.
Di certo, Casa Comune e gli ormai ex consiglieri vigileranno: “L’abuso resta, lo ripetiamo. Quindi c’è poco da festeggiare se ripartirà il cantiere. La prescrizione lascia l’ombra, perché gli ex imputati non rinunciano alla prescrizione e dimostrano la loro completa innocenza? A quel punto sì che potrebbero chiedere danni, per ora devono solo rimediare a danni fatti”.
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