di Francesca Pasquali
FERMO - Sei mesi per capire dove si potrà ricostruire e dove no. Gli interventi da fare per rendere il terreno più sicuro ed evitare, dove possibile, che i borghi dell’entroterra si spopolino del tutto.
È stato firmato stamattina l’accordo di collaborazione tra la Struttura commissariale per il terremoto e l’Autorità di Bacino dell’Appenino Centrale. Con la consulenza dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e di cinque università dell’area del cratere (per le Marche quelle di Camerino e Urbino), saranno passate al setaccio le 295 frane avvenute nei territori colpiti dal sisma del 2016, che «afferiscono a quasi tutti i Comuni del cratere, interferendo con l’attività di ricostruzione».
«Quante volte – ha esordito il commissario straordinario, Giovanni Legnini, dopo un evento calamitoso, si è detto “non deve più accadere”. Adesso avvertiamo un grande rilievo in termini di obiettivi, metodi e modelli di collaborazione tra istituzioni pubbliche e scientifiche».
«È la prima volta – ha proseguito – che, nell’ambito di una ricostruzione post-sismica di questa portata, viene individuata questa procedura di verifica a tappeto. L’attività dei prossimi sei mesi servirà a stabilire dove si potrà ricostruire in presenza di fenomeni franosi elevati, dove no e dove mediante previe opere di mitigazione e contrasto al dissesto idrogeologico».
In pratica, si cercherà di capire quali sono le zone talmente compromesse o a rischio da cui la ricostruzione non passerà. Per farlo, scenderanno in campo un centinaio di tecnici, tra ingegneri, geologi e altre figure che, attraverso controlli satellitari, sensoristica e perlustrazioni, mapperanno il territorio.
I dati saranno poi analizzati. Sarà lì che entrerà in gioco l’Ispra, per «approfondire le condizioni reali che possono essere mutate dalla realizzazione del Pai (Piano assetto idrogeologico)», che sarà poi aggiornato. La seconda fase riguarderà le situazioni più critiche che «saranno trattate con indagini specifiche successive».
Nel lavoro da fare, l’Ispra affiancherà l’Autorità di Bacino. «Siamo un Paese che è uno showroom di rischi naturali. Il nostro destino è quello di difenderci. Oggi possiamo farlo. Ne abbiamo le competenze, la forza economica, e le tecnologie. In pochi mesi riusciremo a consegnare al commissario un quadro chiaro su dove sarà possibile iniziare la ricostruzione. Siamo la prima area europea a farlo», ha spiegato il segretario generale, Erasmo D’Angelis.
La mappatura del cratere per accelerare la ricostruzione passa anche per un accordo con l’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) per lo studio delle «faglie attive e capaci nei territori della ricostruzione». E per quelli sulla microzonazione sismica, cominciati dopo il terremoto. «Il 2020 – la chiosa di Legnini – si è chiuso con 3.200 cantieri attivi. Vorremmo che lo Stato restituisse un patrimonio edilizio sicuro e sostenibile. Per questo, vale la pena aspettare qualche altro mese».