di Raffaele Vitali
FERMO – “Se pensate che il vestito del boia era marrone e oggi è tornato verde…”. In queste parole di Giacomo Maranesi, supportato da Giulia Leggieri, c’è il sunto di un lavoro di restauro durato oltre un anno che ha permesso di recuperare al meglio i ‘legni dipinti’, come da dicitura scelta, della Pinacoteca di Fermo.
Il boia è uno dei personaggi delle otto tavole di Jacobello del Fiore, diventate il pezzo forte delle due sale dedicate alle opere realizzate tra il 300 e il 500. “Abbiamo ridato anche profondità alle opere con il restauro, perché c’erano dei colori ossidati che ne avevano cambiato il volto” riprende Francesca Ascenzi, la restauratrice che si è occupata del Pagani.
Da sette anni le tavole erano lontane dal pubblico, da quel 30 ottobre del 2016, “il giorno in cui dovemmo prendere atto, con una tristezza immane, che il palazzo dei Priori era inagibile” racconta il sindaco Paolo Calcinaro. che è felice, perché un altro tassello della sua Fermo torna visibile.
“Vi potete immaginare il sindaco che deve emettere l’ordinanza di inagibilità verso il palazzo che rappresenta Fermo. e non sapevamo quanto tempo ci sarebbe voluto. Invece, grazie ai soldi dell’assicurazione, il 4 agosto 2018 riaprimmo la sala del Mappamondo. Ma non quella dei legni”.
Il motivo è presto detto: la Sovrintendenza aveva dato alcune prescrizioni sulla conservazione delle opere” spiega Vissia Lucarelli, uno dei volti di Maggioli Cultura, l’impresa che gestisce i musei del capoluogo. Prescrizioni che hanno comportato un importante investimento: “I legni, per essere mostrati, dovevano essere conservati in sale tenute a temperatura costante, 24-25 gradi, e con un livello di umidità del 55%” aggiunge aprendo la doppia tenda, che non è un vezzo ma un sistema che garantisce il clima interno
E così è stato. Oggi, le opere sono tutte visibili, dal Pagani, “una tavola molto bella e frutta di una richiesta locale, visto che il pittore al tempo lavorava su tela”, allo Jacobello e ad Andrea da Bologna. “In un’epoca in cui il digitale è sempre più preponderante, accendiamo un faro sulla conservazione. Che è la vera base dell’arte” aggiunge l’assessora Micol Lanzidei.
Muovendosi all’interno delle due sale, piccole e ricche, insieme con i restauratori è difficile capire se brillano più gli occhi di chi ha lavorato notte e giorno su pezzi unici, o gli antichi colori riportati all’originale splendore. “Un lavoro lungo e complesso, ma gratificante. Anche perché il lavoro sullo Jacobello ha permesso di ‘svelare’ finalmente il retro dell’opera, scoprendo così che era nata ‘ribaltabile’.
“Ci sono ancora i segni delle cerniere, dovevano essere cinque. E dietro per certo c’erano dipinti tre santi. Due sono evidenti Sant’Antonio e Santa Lucia, del terzo restano solo alcune tracce di colore rosso” aggiunge il restauratore.
“Non è una cosa anomala, perché venivano create opere lignee ribaltabili, magari per scoprire delle reliquie conservate dietro” aggiunge Vissia Lucarelli. Oggi, chi entrerà nella pinacoteca di Fermo avrà la possibilità di vedere il fronte e il retro di Jacobello, grazie al sistema progettato da un architetto che garantisce sicurezza e piena fruizione. “un’esperienza unica e affascinante che fa scoprire dettagli sconosciuti” chiosa la curatrice del catalogo della Pinacoteca, la professoressa di Unimc Francesca Coltrinari.
“Un motivo in più per venire a Fermo, dobbiamo saperlo tutti. perché – conclude il sindaco prima di lasciare la parola agli esperti in una gremita sala dei Ritratti – i primi ambasciatori della nostra bellezza siamo noi cittadini, ognuno. Amiamo Fermo, conosciamo la sua meraviglia e raccontiamola”.