di Raffaele Vitali
MILANO – Il mondo del cibo si ritrova a Milano. Cinque giorni intensi per 1.421 espositori, di cui 233 esteri, provenienti da 31 Paesi: ecco TuttoFood. Tra i più rappresentati, Francia, Spagna, Grecia, Paesi Bassi, Belgio, Regno Unito ed Est Europa. Poi Medioriente e Nord e Sud America (USA, Perù, Uruguay) e anche Indonesia. Un mix di produttori e buyer che arrivano da 66 Paesi, grazie al lavoro di Ice. Immancabile, qui in mezzo, la presenza dei migliori produttori delle Marche, chi da solo con lee proprie forze, chi in collettiva grazie alla Camera di commercio. Regione piccola, ma sempre più affermata nel campo del food.
La riprova arriva da Paolo Petroselli, agente di commercio che porta i prodotti delle Marche a Torino. “Vini e cibo di quella che fino all’adolescenza è stata la mia regione, vivevo ad Osimo, e che oggi è il mio lavoro”.
Petroselli, come si vendono le Marche nella prima capitale d’Italia?
“Potrei dire che il ciauscolo a Torino l’ho portato io. Il primo locale fu una macelleria, gestita da un marchigiano di Cupramontana. Aveva grandi dubbi che potessi inserirlo a Torino. E invece, gastronomia su gastronomia, nei più bei negozi di Torino oggi c’è il salumificio Nerino Mezzaluna di Fermo”
Ma l’hanno capito come prodotto i torinesi?
“Non facile far passare la pasta morbida e invece, un successo. Ho dovuto incuriosire il cliente. A colpire è il fatto dello spalmare sul pane. È un plus che in pochi hanno”.
Come è nata l’idea di vendere le Marche a Torino?
“Conoscevo il territorio, le aziende. Quando ho scelto di fare l’agente, a 50 anni, reinventando la mia vita i ex dirigente, ho puntato sulle imprese di qualità alta, sapevo che se avessi scelto il prezzo avrei trovato qualcuno che trovava meno. il primo cliente è stato Passamonti di Monte Vidon Combatte. Poi nuove aziende, ho fatto la mia ricerca chiedendo consigli allo stesso Passamonti, che non riusciva a garantirmi la produzione per Torino essendo di qualità ma piccolo”.
E così ha chiamato Mezzaluna?
“Loro a Torino erano senza mercato, ci siamo trovati subito. La cosa bella è che me l’ha consigliata proprio il mio primo cliente”.
Piace perché?
“Prezzo competitivo con alta qualità. E una idea, garantire il trasporto gratuito a chi ordinava un tot di prodotto”.
Chi è il cliente tipo?
“La salumeria e la gastronomia di buon livello di Torino, le piccole boutique”.
Cosa è che colpisce dei prodotti marchigiani?
“Il ciauscolo e le mezzelune, le salsicce stagionali. Alle persone, soprattutto i single apprezzano perché non sprecano e poi piacciono ai locali che con una salsiccetta coprono un aperitivo”.
Salumi, molti pensano all’Emila Romagna o alla Toscana, le Marche sono conosciute?
“In realtà con il fatto che abbiamo dei prodotti differenti, non è stato difficile affermarsi. Ma è più complicato per il prosciutto, che ha una connotazione precisa, poi c’è sempre l’assaggio che fa la differenza. Quando mi dicono ‘preferisco il Parma’, chiedo sempre, ma sapete chi lo produce? Ci sono tanti tipi e quindi differenti qualità. Il problema per i torinesi è dare un nome al nostro prodotto, io consiglio di dire prosciutto marchigiano”.
Il prezzo fa la differenza?
“Ci aiuta anche questo, perché siamo più umili di Toscana ed Emilia. E per difendere la clientela io non scelgo la grande distribuzione”.
Non solo salumi, come va con la vendita di vino marchigiano?
“Sono partito dal vino, poi ho capito che il food era più semplice. Il Piemonte è molto conservatore. Sui rossi è difficilissimo. E infatti, ordinano Pecorino e Passerina, poi la Lacrima. Piace il nome e il fatto che la Passerina brut sia una alternativa al prosecco. C’è anche il Bianchello, che sembra un vino povero, poi provi la riserva di Fiorini e si conquistano i clienti. Ma è un lavoro di fino, bottiglia dopo bottiglia si entra nella carica”.
L’agente quindi conta?
“Beh, direi proprio di sì, per tutti. Capita di andare da un cliente che voglia solo un prodotto. Ma l’ordine non basta per abbattere i costi di produzione e così lo abbiano con un altro e garantiscono in questo modo fornitore e compratore. Si gioca un po’ con gli ordini, ma il risultato è quello che conta. Fare tutti contenti, me incluso che poi fatturo, è il mio compito”.
Petroselli, quindi lei quali Marche porta a Torino?
“Una chicca è l’Antico Forno Bio di Monsampietro Morico in via Leopardi, pieno centro, che fa biscotti vegani, senza burro e senza zucchero e così le fette biscottate. Una specialità che colpisce. Poi cinque cantine: Cocci Grifoni, Moroder, Vicari, Fiorini e Borgo Paglianetto.
Come sceglie i prodotti da vendere?
“La qualità medio alta e non rischiare la dispersione. Non ho doppioni, anche questa è una scelta. E non rubo il posto agli altri agenti. Ma se trovo qualche altro prodotto d'eccellenza, lo spazio c'è”.
La pandemia ha impattato sul suo lavoro?
“Con il Food ho lavorato molto, anzi di più. I locali, le botteghe, hanno cambiato la clientela, aumentandola perché la gente cercava prodotti vicino a casa. la sfida ora è mantenerli e ci stiamo riuscendo”.