CHICAGO / ANCONA – Diventare mamma, nonostante un tumore. Capita a una su donna su mille incinte. Ma se, fino a pochi anni fa, la diagnosi di cancro durante una gravidanza già iniziata terminava con un aborto, ora la prospettiva è cambiata.
A puntare il faro su questa speciale categoria di pazienti oncologiche sono gli esperti al congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco), ed è un messaggio di speranza. Un congresso in cui protagonista è la dottoressa Rossana Berardi, primaria della clinica Oncologica AOU delle Marche-Università Politecnica delle Marche e consigliere nazionale Aiom,
“I medici - afferma Frederic Amant, del Leuven Gasthuisberg campus in Belgio - devono essere preparati a sostenere le pazienti e i loro cari in questo momento difficile. Un recente follow-up completato quando i bambini avevano un'età media di 9 anni, non ha rivelato effetti a lungo termine dell'esposizione prenatale al cancro materno sul funzionamento cognitivo o comportamentale”.
Non tutto però si può fare senza esitare. Studi hanno infatti dimostrato, sottolineano gli esperti Usa, che l'ecografia e la risonanza magnetica sono sicure per tutta la gravidanza. Anche la chirurgia può essere eseguita e la chemioterapia può essere somministrata in modo sicuro dopo 12-14 settimane di gestazione, ovvero dopo il primo trimestre. Gli effetti della chemio sono infatti molto diversi nel primo trimestre, quando gli organi del feto si stanno formando, rispetto al secondo e al terzo trimestre, quando il feto è in crescita e può essere in grado di tollerare lo stress della chemioterapia. Gli immunoterapeutici sono invece controindicati in gravidanza a causa dei dati limitati. Dopo il parto, poi, l'allattamento al seno va discusso e il neonato dovrebbe ricevere analisi del sangue per valutare la tossicità acuta con follow-up. Il parto prematuro dovrebbe invece essere evitato quando possibile.
“I dati – spiega la primaria Berardi - dicono che sono oltre 500 i nuovi casi di incidenza di tumore in gravidanza all'anno in Italia. I tumori in gravidanza rappresentano circa il 2% di tutte le neoplasie diagnosticate durante l'età fertile. Il cambiamento delle abitudini riproduttive, caratterizzato da un aumento dell'età alla prima gravidanza, e l'aumento complessivo di incidenza dei tumori in età riproduttiva rappresentano inoltre elementi che ci fanno comprendere come queste stime siano inevitabilmente destinate a crescere”.
Oggi esistono concrete possibilità di cura: “La letteratura suggerisce che l'interruzione della gravidanza non sia necessaria, almeno nella maggior parte dei casi, e soprattutto che non è necessario sottoporre né la madre ai rischi determinati da un ritardo nell'inizio dei trattamenti né il nascituro al rischio di un parto prematuro. Più problematico resta il primo trimestre di gestazione: è necessario rimandare l'inizio delle terapie per i potenziali danni sul feto o procedere all'interruzione della gravidanza. In ogni caso è sempre importante affidarsi ad un centro qualificato con elevata esperienza”.