di Raffaele Vitali
PESARO – Brutta, sporca e vincente (81-75). Quando conta, la Vuelle non trema. Contro Sassari non è stato un bel vedere, anche per merito della difesa dei sardi. Ma se tu hai un allenatore in panchina capace di tenere per 6 minuti le seconde linee in campo nel momento chiave, ovvero tra la fine del terzo e l’inizio del quarto periodo, puoi tutto. Poi, che con la maglia gialla giochi Abdur-Rahkman, per gli amici Mars, è il dettaglio che nei momenti decisivi fa la differenza.
Vince Pesaro, con un punteggio più basso del solito. Ma vince soprattutto perché ha sempre controllato il match, lasciando a Sassari quella sana illusione da rimonta che non è mai diventata possibilità di vittoria.
Vincere quando non giochi bene è un ottimo segnale. Tornando a coach Repesa, il coraggio non gli manca. Ha messo per far riposare i suoi il secondo quintetto a fine terzo periodo, buona risposta soprattutto difensiva e soprattutto una tripla, che mancava da troppo tempo, con Visconti. Lo stesso numero 9, confermato in campo, in totale fiducia riceve e tira ancora da tre. In piena adrenalina si butta per terra l’azione dopo e recupera un pallone che poi Mazzola, che gode chiaramente della fiducia del coach, ha trasformato in oro segnando ancora da tre, questa volta dall’angolo (65-58).
Se non fosse per gli arbitri che fischiano come due vaporiere, ma almeno in modo coerente, la partita sarebbe finita lì. Su questo dovranno lavorare i due allenatori, perché tanti falli in attacco difficilmente si vedono. Fattore è stato Gudmundsson, è l’uomo che mette ordine, che controlla il ritmo. A romperlo, del resto, c’è già Abdur-Rahkman che nei primi due quarti è una furia solitaria. Nel senso che si deve creare da solo i suoi canestri. Un esempio, nei primi otto minuti tocca palla due volte e infatti Sassari chiude ln vantaggio.
Repesa però trova qualcosa da ogni giocatore, anche da Charalampopoulos, che non ha una vera alternativa nel roster fino a che Delfino non sarà pienamente recuperato, e che quindi anche se spadella, è un fattore fisico a cui non si può rinunciare.
Moretti in giornata ‘no’, ha patito la fisicità di Sassari e non ha saputo leggere l’arbitraggio, costringendo con le sue esitazioni i compagni a fare troppi falli. Per fortuna Kravic, che è quello che ha faticato inizialmente di più contro i lunghi sardi, non si è perso d’animo e nel momento chiave del quarto periodo si è preso pure il gusto di schiacciare dopo una finta di passaggio su virata che coach Bucchi sta ancora cercando di capire.
Vince quindi Pesaro, lottando, faticando, sbagliando tanto ma riprendendosi il controllo dell’area quando contava, dopo che per venti minuti Sassari si era illusa di poter dominare. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo Repesa e la sua gestione autoritaria dei cambi che tutti accettano e che soprattutto tutti, in squadra, capiscono. Così si vince, così si resta in alto con il gruppo saldo al quinto posto e una settimana di lavoro per andare a prendersi lo scalpo di Trento, diretta concorrente per le Finale Eight.