PESARO – Quando giochi contro una superpotenza, dieci minuti di buon basket non bastano. Il primo quarto illude tutti, la Vuelle lo chiude avanti 18-11. Ma non è tanto il punteggio a stupire, quanto il gioco, la palla gira, gli uomini sono tutti coinvolti in attacco e in difesa nessuno trema nel marcare un giocatore che guadagna almeno quattro volte più di sé. I brividi per il ricordo di Marco Piccoli hanno caricato tutto l’ambiente.
Il problema è che l’Armani di coach Messina minuto dopo minuto ha iniziato a carburare e ha aumentato l’intensità difensiva. Chiudere i primi venti minuti sotto di soli due punti è il premio per i pesaresi che hanno tirato bene sia da tre sia da due. È questo che aiuta a superare dei black out pesanti, come quello che a metà secondo quarto rimette Milano in partita con un break di 12-0.
Un segnale che non fa allarmare Repesa, o forse sono le triple senza logica di Moretti, ma quell’arresto e tiro in contropiede è il suo biglietto da visita (37-32). Folate da una parte e dall’altra. Fino a che, dopo un intervallo lungo che Messina ha usato per svegliare l’anima da Eurolega che ogni giocatore in maglia Armani dovrebbe avere.
Di certo ce l’ha Baldasso. L’italiano nel terzo periodo fa l’americano e con un paio di triple e ottime giocate di squadra segna la partita. Pesaro si spegne, come nel secondo periodo all’improvviso. Solo che lo fa partendo da -2 (46-48). E Milano questa volta azzanna la preda.
In un amen arriva un parziale incredibile di 18 punti a tre. Non servono due time out di Repesa, la mano di Cheatham e compagni si è improvvisamente spenta. E questo nonostante Milano ci provi a far rientrare in partita i padroni di casa, nonostante minuti di difesa da Eurolega, tanto che Messina urla come se stesse perdendo di venti.
Tutto finito? L’orgoglio non manca alla compagine di Repesa. Quando sprofondi (51-66) ha una sola chance: pregare il dio del basket che allarghi il canestro o cambiare modo di giocare. La Carpegna Prosciutto si ricorda che vince quando bilancia il gioco in area con quello da fuori e torna a servire Kravic. È con il lungo che Pesaro rosicchia lo svantaggio rendendolo quantomeno dignitoso e giusto (66-76).
Non basta, perché il canestro non si allarga e l’ottimo 7/16 da tre punti dei primi due quarti diventa a pochi minuti dalla fine un 9/26 che da solo spiega la fuga milanese. Alla fine restano gli applausi dei 5200 spettatori, il buon debutto del primo islandese a Pesaro, che ha mostrato di avere visione di gioco e punti nelle mani, ma anche un po’ troppa frenesia di fare che gli costano 5 falli di cui alcuni ingenui.
Gli ultimi tre minuti diventano una passerella per l’Armani. E questo non va bene. Giusto risparmiarsi quando si sa di avere ormai perso, ma non smettere di giocare, regalando facili canestri che trasformano una sconfitta onorevole in una débâcle immeritata (71-85).
E il time out di Repesa è proprio questo che dice a tutti: non si alzano mai le mani in campo, anche se contro i campioni d’Italia. Applausi comunque, anche se più di tutti ne prende Pozzecco, seduto al fianco del governatore Acquaroli.
Tanto di buono per due quarti, fino a quando le percentuali hanno tenuto. Da rivedere il terzo periodo, soprattutto in difesa. Luci e ombre negli ultimi dieci minuti. Non era questa la gara da vincere, ma serviva per testare il livello raggiunto.
Repesa ora ha due settimane di lavoro sul gruppo, visto il break per le Nazionali. Tornerà con un Gudmundsson più integrato e una partita in cui tornare Happy a Brindisi.