di Raffaele Vitali
FERMO - Francesco Trasatti, un anno da presidente del consiglio comunale di Fermo. Ha capito quale è la sua funzione?
“Di fondo agevolare il raccordo tra maggioranza e minoranza, agevolare la discussione e il confronto. Aiutare, anche, i consiglieri a esprimere il proprio ruolo che è quello dei dibattiti, che è quello della proposta e dello scontro. Insomma, guidare il consiglio comunale che nel corso degli anni ha perso competenze, lavorando principalmente su urbanistica e bilancio”.
Non ritiene che il lavoro del Consiglio debba essere più snello, fino a oggi sempre 20 punti, e quindi non ha senso fare più sedute?
“Più consigli? Noi ne facciamo uno al mese. Non è semplice farne di più, tra atti e condivisione dei documenti. Il fatto che ci siano tanti punti all’ordine del giorno non sarebbe il problema è che per fortuna ci sono più interventi, più consiglieri che parlano”.
Chi è il più ribelle da gestire in Consiglio?
“Ribelle non è la parola giusta. Di certo il mio è un ruolo scomodo, perché devo richiamare al rispetto dei tempi. E da qui mi prendo io gli insulti di chi vuole parlare. Mentre in sala consiliare il microfono si chiude, qui tocca a me. Di certo Vallasciani e Bargoni se la battano per ars oratoria”.
Obiettivi del suo mandato?
“Tolto il funzionamento del Consiglio, c’è la voglia di formare. Sto lavorando a progetti per avvicinare i giovani, fargli comprendere cosa significa amministrare. Incontri con le scuole, ma in primis mostrando che il dibattito di qualità è possibile. Poi penso al consigliere comunale aggiunto, che arriverà presto, e l’inserimento in statuto della commissione pari opportunità”.
Ospiti in consiglio è una sua scelta?
“Intanto abbiamo portato i vertici delle partecipate in consiglio e anche in Commissione. Poi abbiamo ospitato il presidente Anmil, non sarà la prima e ultima volta. Ho scelto di inserire l’intervento del presidente in apertura e non in coda, perché lo meritava. Per argomenti di rilevanza di associazionismo di un certo tipo potremo ripeterlo, soprattutto se si rivolgono a noi per il ruolo che il consiglio ha e gli viene riconosciuto”.
Come sono i rapporti con maggioranza e opposizione?
“Ritengo di avere buone relazioni. Mi piacerebbe che il dibattito e il confronto fosse di qualità. Il problema oggi, riscontrato a livello politico è l’abbassamento del livello generale dei contenuti. Questo è un problema che riscontro anche parlando con i presidenti dei consigli comunali Anci Marche. Vorrei che chi ascolta e guarda trovi spunti reali”.
Green pass obbligatorio dal 15, problemi per il ‘suo’ Consiglio?
“Capigruppo tutti concordi. Non ci saranno problemi e spero presto di tornare in sala consiliare, non appena avremo il 100% di capienza, come i teatri”.
Lei ha la delega alla Learning City, di quali progetti si sta occupando?
“Stiamo completando la faticosa procedura burocratica per la costituzione dell’associazione, deliberata dal consiglio comunale ad aprile. Ci saranno tutti gli stakeholder della città, perché il riconoscimento è un patrimonio. Ci sono tre linee di azione, le presenteremo tra pochi giorni. La città, e la sua politica, devono capire davvero che è una carta importante sul tavolo. È quasi superfluo ricordarlo. Ma anche la cartellonistica del centro città, vidimata dall’Unesco, lo spiegherà in maniera visiva. In una regione in cui abbiamo Pesaro e Ascoli che lottano per la capitale della cultura, è incredibile che ancora non ci pensi Fermo, che è già Learning City. Ma ci arriveremo, se ci mettiamo consapevolezza, risorse e volontà di proiettare la città fuori dal circuito locale”.
Come vede Fermo dopo la pandemia?
“Dal punto di vista culturale e turistico, il riscontro c’è stato a livello di presenze. C’è bisogno di rifocalizzare degli obiettivi. Pre pandemia avevo certezze: Natale, carnevale, Tipicità. E poi i punti fermi come Tre Archi e mercato coperto. La pandemia ha rallentato e destabilizzato tutti. Sapendo che la città comunque attira, bisogna ripianificare la strategia e ripartire con lo slancio”.
C’è sempre confronto con il sindaco?
“Paolo (Calcinaro, ndr) sa che quello che devo dire, lo dico. Magari a volte il modo non è quello che si attende, ma il mio modo è sincero. Chiaramente poi ci sono i giorni che mi ascolta e quelli in cui prosegue con la sua idea, ed è giusto così. Questa franchezza ci ha reso diversi e al contempo rispettosi l’uno dell’altro”.
Per cinque anni è stato uno degli uomini del fare, insieme con Torresi. Non le manca l’operatività?
“Mi manca la creatività che diventa poi operatività. Ma sono abituato a metterla in ogni cosa che faccio. Sentivo l’esigenza, dopo aver dato tanto di recuperare spazi miei”.
Trasatti, parliamo di politica nazionale: lei ha ancora una casa? Dove si colloca?
“Non è un mistero che la mia area sia quella progressista, riformista e ambientalista. Quello che cerco di fare e che la dimensione civica mi aiuta a portare avanti, è che quello in cui credo non è mai limitante nel confronto e nella riflessione con gli altri”.
Fermo è capoluogo, secondo lei la città lo sa?
“Ehhhh…. ecco che torniamo da dove siamo partiti: dobbiamo alzare ogni livello. Proprio partendo dal consiglio comunale. Condivido quando Calcinaro dice che la grandezza di Fermo è anomala, ha 37mila abitanti che la fanno città, ma non grande, seppur con un territorio molto vasto. Questo comporta un’attenzione sul quotidiano e la concretezza. Ma qualche volta vorrei che la città avesse la capacità di andare oltre se stessa, il che significa condurre ragionamenti sovracomunali. Ma non può essere solo la politica a cambiare mentalità: servono imprenditori e cittadini che pensano più in grande, ancora di più oggi tra accorpamenti, centralizzazioni e fragilità dirompente”.