di Raffaele Vitali
MONTEFORTINO – Due tragedie a distanza di pochi giorni sui monti Sibillini. Luoghi diversi, ma dinamiche molto simili che devono spingere le persone a riflettere. E ad ascoltare. Ne parliamo con Antonio Simoni, responsabile della sezione Soccorso Alpino e Speleologico - Cnsas di Montefortino.
Simoni, cosa sta accadendo in montagna?
“Da un lato abbiamo avuto, dopo la pandemia, una riscoperta della montagna in senso lato. Un aumento della frequentazione per l’esigenza di stare in spazi aperti e puliti. E questa è la parte positiva. Dall’altro, c’è stata una fruizione un po’ troppo approssimativa della montagna”.
Quali gli errori principali degli escursionisti?
“La montagna d’inverno presenta insidie neppure facilmente identificabili. Se uno si avvicina poco preparato e senza attrezzatura, in alcune situazioni può mettersi a serio rischio, ci si muove in un ambiente innevato che presenta problemi legati al ghiaccio o a slavine e valanghe in caso di accumuli di neve”.
I Sibillini sono visti come una ‘montagna amica’ con percorsi semplici, ma è così?
“Attenzione, sono montagne particolari. Oltre a essere abbastanza selvaggi, non c’è una segnaletica diffusa come in altre parti d’Italia e hanno una conformazione particolare. A volte il messaggio di ‘montagna amica’ può indurre a prendersi dei rischi senza accorgersi”.
Cosa fare?
“La prima cosa è approcciarsi in modo prudente, senza pretendere di fare qualcosa di troppo. Altrimenti bisogna formarsi frequentando i club e le guide alpine. Del resto, se uno non sa portare la barca a vela, non punta la Croazia ma al massimo supera gli scogli”.
C’è una carenza di cultura della montagna?
“Si affronta senza attrezzatura, non si è formati”.
In vista della crescita del turismo, chi deve fare formazione?
“Un ruolo chiave lo svolgono le sezioni del Cai che lavorano per rendere autonomi gli escursionisti. Quando ho iniziato io, le prime uscite erano fatte con gli esperti e si imparava dove andare in estate e dove in inverno. Una conoscenza verbale e sul campo. Oggi è tutto veloce, ognuno vuole arrivare in alto”.
Due tragedie in poche settimane, di che zone parliamo?
“Sono esattamente due zone ‘che sembrano banali’. Il Fargno è una strada, ti fa sentire sicuro. La seconda è avvenuta, invece, sul Monte Amandola in una delle passeggiate più comuni d’estate, ma d’inverno si complica. Su quelle pendenze anche con poca neve diventa difficile stare in piedi. Senza attrezzatura e la conoscenza del suo uso, si cade. In questi casi sono stati due incidenti che hanno avuto conseguenze letali e che invece si sarebbero potuto facilmente evitare”.
Come Soccorso Alpino quando entrate in azione?
“Abbiamo personale in pronta partenza, in estate e in inverno. Veniamo attivati dopo un intervento di soccorso sanitario direttamente dal 118. Nell’ultimo caso ci hanno chiamato i vigili del fuoco. La nostra è una attività specifica , abbiamo attrezzature per portare soccorso tecnico sanitario direttamente sul posto in cui si trova il paziente”.
Il soccorritore non sempre arriva in tempo, come vi fate forza. Debriefing supporto psicologico?
“Spesso si sottovaluta l’impatto umano. Ci troviamo di fronte a situazioni drammatiche e questo comporta tutta una serie di rielaborazioni post intervento, sia dentro la squadra, sia attraverso specialisti".
Un consiglio è anche di non andare da soli in montagna?
“Ben venga l’amico esperto, ma non facciamolo diventare la nostra trappola. Affidiamoci alle guide alpine e agli accompagnatori che sanno meglio di altri cosa si può fare. in questo rientra anche chi lo fa a livello di volontariato con l’attività del club alpino italiano, che è il riferimento reale e ha tante sezioni da Fermo Ad Amandola, da Montefortino a Sarnano”.
Giornata di sole, più rischi sulla neve?
“La neve è un elemento che ha una sua storia. Se il manto è solido e stabilizzato, il rischio è minore. Il sole dopo la nevicata aumenta i rischi. Va valutato di volta in volta. Ma questo una persona comune non è in grado di capirlo. Almeno chiedere informazioni sul percorso”.
Per il turista della domenica, fino ai rifugi si cammina tranquilli?
“Se uno va al Città di Amandola, non ha particolari problemi. Se devi arrivare allo Zilioli, il discorso cambia completamente”.
Simoni, quante persone fanno parte del Soccorso Alpino?
“Una quindicina a Montefortino, che è la stazione della provincia di Fermo”.
Le ultime due sono state tragedie, ma normalmente che interventi fate?
“Non c’è solo d’inverno il problema, con ramponi e piccozze che non si usano. D’estate, paradossalmente capita lo stesso. A volte facciamo interventi, anche banali per una storta, causati dalla mancanza dell’abc, come lo scarpone da trekking. Una mancanza di cultura della montagna”.
Lei ha preso parte agli ultimi due interventi di recupero dei corpi, che effetto le ha fatto?
“Faccio parte da anni del soccorso alpino, sono intervenuto in entrambe le ultime due tragedie, ma ora ho una corazza. Cerchiamo di fare tutto al meglio nel minor tempo possibile. Ma per chi è alle prime esperienze è un aspetto pesante trovarsi di fronte alla morte”.
@raffaelevitali