di Raffaele Vitali
FERMO – Gilberto Gentili, direttore dell’Ast 4, ma è vero che lei va in pensione?
“Purtroppo sì, ma per motivi molto più semplici”.
A Fermo si lavora così male che dopo sette mesi già pianifica l’uscita?
“Non scherziamo neanche. Qui ho creato un grande gruppo, stavamo lavorando bene e presto avremmo raccolto molti risultati. Oltre a quello già fatto”.
Allora non capisco, in una intervista di pochi mesi fa ci ha detto che aveva accettato l’incarico per aprire il nuovo ospedale. Invece…
“Mesi fa non è oggi. Sono cambiate le condizioni. Perché le nuove norme nazionali mi bloccherebbero l’uscita. Un mix di obbligo al lavoro e perdita di risorse. Una situazione non prevista e inaccettabile”.
Ma non poteva restare direttore generale da pensionato?
“Quando ho firmato il contratto, e come me gli altri dg, la Regione ha inserito una nuova norma che vieta la permanenza al vertice dell’Ast di chi va in quiescenza. In passato, invece, era permesso. Per capirci, ho accettato questa clausola proprio perché non pensavo di dover andare in pensione ora”.
Non si poteva rivedere il contratto?
“C’è una chiara volontà politica dietro questa strategia. Quindi, giustamente dal loro punto di vista, la regione non la modifica”.
Polemiche?
“Nessuna, ho parlato con l’assessore Saltamartini, mi sono confrontato con il sindaco di Fermo. Il quadro è così palese che non c’era nulla da aggiungere, c’è il reciproco dispiacere di interrompere un lavoro ben avviato”.
L’Ast di Fermo avrà ripercussioni
“Il mio compito termina il 30 dicembre, poi starà alla regione nominare il nuovo direttore generale dall’elenco a disposizione. Quello da cui anche io sono stato scelto”.
Con lei decade qualcun altro?
“Sia il direttore sanitario sia quello ammnistrativo, i dottori Bianchi e Carelli. Poi, se il nuovo direttore o direttrice vorranno rinnovargli la fiducia, tutto proseguirà. Ma la squadra di vertice dipende dal Dg”.
Gentili, sembra amareggiato.
“Vado via sereno perché so di non avere alternative. Ma non era quello che avrei voluto. Ma a 65 anni e mezzo non posso pensare di rinunciare a un pezzo di futuro. Non ci sono retroscena, no c’è nulla di poco chiaro, c’è solo una norma che è cambiata rispetto a quando ho firmato”.