FERMO - “Su monte Cacciù il presidente Ceroni fa confusione. Il problema non sta nel fatto che il vecchio cda tentò di vendere l'area tre anni fa, ma che lui voglia venderla oggi e per giunta alla metà del valore originario. Noi facemmo dei tentativi di vendita in previsione dell'asta di santa Lucia, volevamo valutare tutte le possibili soluzioni di finanziamento, compreso il riacquisto dell'area di monte Cacciù da parte della Provincia che vanta il diritto di prelazione sull'area” spiega Fabiano Alessandrini, ex numero uno della Steat.
La storia poi ha preso una strada diversa e così l’ida di vendere i terreno è scemata. Ma non quella di ottenere una variante dal comune di Fermo per la trasformazione d'uso in turistico ricettiva, sia per la casa colonica esistente sia per il terreno circostante con la possibilità di installare piccole strutture ecocompatibili. “L'idea era di creare una struttura capace di accogliere il turismo scolastico nazionale a Fermo, molto richiesto dalle agenzie con cui collaboriamo” precisa Alessandrini.
Che poi ribadisce: “Sulla scelta di tenere quell’area, in previsione della normativa sui crediti di carbonio, decidemmo di valorizzare il parco del versante nord, facendo anche valutare la CO2 annua immagazzinata, c'è una relazione dettagliata allegata al bilancio sociale 2020/2021, per il quale abbiamo preso anche il premio UNESCO in occasione di Tipicità”.
Non si ferma qui la presa di posizione dell’ex presidente in vista della vendita prevista dalla Stat, che venerdì vivrà la giornata chiave: “Credo sia evidente che non c’era nessun intento di speculazione da parte nostra, ma solo valorizzazione di monte Cacciù. Rimane invece misteriosa la volontà di vendere l’immobile, per giunta svalutato, in pendenza della domanda di variante urbanistica presso il comune di Fermo, socio della Steat, a meno che non ci sia nell’operazione una questione legata all’acquisto di autobus da parte di un privato”.
L’ultimo passaggio Alessandrini lo dedica al ‘debito’ che Ceroni ha quantificato in 12 milioni. “Vorrei evitare di parlarne, altrimenti alla prossima replica di Ceroni diventano 20, visto anche all’inizio erano 8. “Secondo le linee guida di Asstra nazionale e la normale tecnica contabile, un'azienda è virtuosa quando gli oneri finanziari non superano il 2% del fatturato, e Steat in questi anni, nonostante la sottocapitalizzazione storica che ha costretto la società a ricorre ai finanziamenti per tutti gli investimenti, non ha mai superato l'1,5%, anche volendo prendere per buoni i dati forniti dallo stesso Ceroni. Questo è un vero indicatore finanziario da valutare, e non il rapporto, tanto sbandierato tra indebitamento e fatturato. Come direbbe lui siamo all'abc dell'economia”.