Chissà se qualcuno avrà il coraggio di dirlo: “Aveva ragione il presidente”. Lui, diversamente da altri nella sua posizione, non lo dirà mai. Ma è evidente che la decisione del governatore delle Marche, Luca Ceriscioli, di chiudere tutte le scuole era giusta. Il ‘senno di poi’ non serve a molto, ma dà il senso della difficoltà che c’è dietro una scelta e anche dietro la sua comprensione.
Il professore di matematica prestato alla politica ragionava con i numeri. Lui, come tanti docenti in questi giorni, aveva sottomano diagrammi che studiavano l’evoluzione e la progressione del coronavirus. E per questo aveva deciso di chiudere, di attuare l’unica protezione possibile: il contenimento e quindi la minor possibilità di propagazione.
Aveva scelto le scuole, perché i centri commerciali non li può chiudere un presidente, serve lo Stato. Ma non era stato capito. Da tanti, per non dire tutti. Oggi, il Governo, quello stesso che con fare imperiale aveva deciso di stracciare l’atto di Ceriscioli, torna sui suoi passi e fa un provvedimento nazionale. In ritardo, ma non è questo il punto. Ora bisogna rispettare le scelte.
Per fermare il tema del ‘non abbiamo abbastanza posti in terapia intensiva’ c’è solo un modo: non far arrivare le persone nel reparto chiave dell’ospedale. E per riuscirci servono accorgimenti, condotte mirate. I cinesi hanno saputo rispettare le direttive. In Italia, come in Europa dove il virus oggi è protagonista indiscusso anche dentro i palazzi dell’Ue, si è scelta la mezza misura.
“Sì Luca, avevi ragione”. È la politica del senno di poi. Che non paga, ma almeno ridà, come a volte fa la storia, il giusto valore a una scelta comunicata male e schiacciata sotto i freddi numeri che però, in sanità, sono l’unica cosa che contano.