di Raffaele Vitali
FERMO - “Pittori accuratissimi, meravigliosi, commoventi che dialogano con il quadro più importante del 600, L’Adorazione dei Pastori del Rubens. Che ovviamente già si trova a Fermo”. Così Vittorio Sgarbi introduce la mostra ‘I pittori della realtà. Verità e illusione tra seicento e novecento’ che accompagnerà Fermo fino a maggio.
Ottanta opere in mostra nella Sala dei Ritratti del Palazzo dei Priori. Due capolavori di De Chirico da non perdere tra tanti pittori, meno noti ma dalla qualità altissima secondo il critico d’arte, che ben si abbinano alla Natività del Rubens.
La regione Marche e il Comune di Fermo ci hanno creduto e investito, unendosi al museo Mart di Rovereto e a un pool di imprenditori che amano la cultura: Antonelli, Violoni, Ceroni e Paniccià. Dietro tutto, ovviamente, la Maggioli Cultura.
Il sindaco Calcinaro ha accolto Vittorio Sgarbi, curatore della mostra e neo sottosegretario alla Cultura: “Tutto è partito con il prestito del Rubens, prima a Milano e poi a Lucca per una mostra curata da Sgarbi. Far uscire la nostra cultura costruisce ponti. Così si cresce. A volte bisogna osare, prestando il nostro gioiello. Fare percorsi insieme, con la regione, è importante. Non basta il finanziamento, servono progetti comuni come è questo”.
Il Rubens. “Non tutti lo sanno, ma – spiega Sgarbi – era uno che inseguiva il Caravaggio ma non riusciva a incontrarlo. Un giorno decise di mandare ai Filippini di Fermo la sua Adorazione per dimostrare come lavorasse Caravaggio. In realtà erano diversi. Durante i miei anni i Sicilia, a Messina sono riuscito a far incontrare i due dipinti, che vivono perché sono l’anima degli autori. Hanno iniziato a parlare finalmente tra di loro, Rubens lo ha fatto con rispetto. Caravaggio aveva una visione evangelica, mentre il Rubens di Fermo è una festa, con il bambino che diventa quasi un neon, illumina tutti”.
Anche da qui è nata l’idea di abbinare i ‘contemporanei’ ai grandi classici del Seicento. “Il mio essere in perenne conflitto di interessi, politico, critico, direttore, presidente, mi permette di fare cose altrimenti impossibili. E di farlo, cosa che spesso si dimentica, gratuitamente essendo pagato come parlamentare. Questa mostra è un unicum che il sindaco Paolo Calcinaro, capace e pieno di entusiasmo, e il produttore Bellucci hanno saputo cogliere subito nel suo potenziale”.
La mostra la definisce “L’ultima festa della pittura italiana”. Con il Rubens, che nella mostra appare quasi all’improvviso a metà allestimento colpendo il visitatore con la sua imponenza, è il motore di una pittura meravigliosa.
“Una mostra giusta per Fermo, che è città d’arte per eccellenza” prosegue Sgarbi che incanta la platea del Teatro dell’Aquila mentre racconta la genesi dell’esposizione. “Sarà davvero una festa per i vostri occhi questa mostra, ve lo assicuro. Evviva l’arte, evviva le Marche” prosegue lasciando alla piccola regione la targhetta di terra dei ‘pittori della realtà’ almeno fino a maggio. “Del resto – gli fa eco il prefetto Rocchegiani – questa terra è uno scrigno di tesori d’arte, non sempre noti. Questa mostra ben si inserisce, perché fa dialogare espressioni differenti”.
E diventa ancora più evidente tutto questo mentre Sgarbi inizia a mostrare le immagini, prima del taglio del nastro, dei quadri principali. “Sono decenni che curo mostre gratis. come presidente del Mart, il più importante museo di arte contemporanea d’Italia, ho deciso di abbinare spesso classico e moderno. Idee non sempre condivise, ma che hanno raggiunto il loro obiettivo. Solo che bisogna fare le cose nel modo giusto. in questo caso – riprende il sottosegretario – dovevamo far dialogare il Rubens con gli altri. questa mostra vuole rompere il pregiudizio sull’arte contemporanea”.
A Rovereto Sgarbi negli anni ha abbinato il Caravaggio e il contemporaneo, nello specifico Pasolini la cui morte richiamava quella di santa Lucia. E poi Botticelli e la Ferragni. Raffaello e Dalì. E Canova tra innocenza e peccato, “con i curatori che pian piano entrano con me in sintonia capendo i miei deliri”, unendo le opere dello sculture agli scatti di Newton. Infine Giotto e il 900, ovvero Morandi e Sironi “che senza Giotto loro non sarebbero stati nulla”.
Molti dimenticano che Caravaggio nel 1640 venne cancellato dalla chiesa perché ‘pittore immorale’. E per 300 anni nessuno ne ha più parlato. “Nel 1951una grande mostra a Miano lo fa rinascere. Nello stesso anno nascevo anche io. Quindi il 900 inventa Caravaggio” riprende Sgarbi.
Il 900, secondo il critico d’arte, ha avuto il suo Caravaggio ed è Sciltian, che ha numerose opere in mostra a Fermo. E poi Annigoni, scelto da Sgarbi per arredare anche il suo ufficio di Milano, e Guarienti. Con loro Serri, i fratelli Bueno, “che ammirerete in un quadro che ho cercato per trent’anni”, e Giovanni Acci. Proprio dell’ultimo in sala c’erano i parenti che con sentimento hanno abbracciato Sgarbi per la vetrina riconosciuta al loro familiare.
“Dobbiamo guardare l’arte da ogni punto di vista. Raffaello il bello ideale, Michelangelo la potenza, Caravaggio è il pittore della realtà, il primo fotografo della storia. Giotto inventa l’arte moderna che è l’arte dell’uomo, ma poi dall’uomo ideale si passa al reale con le sue storture, con i bari e le zingare, ovvero al mondo del Caravaggio”.
Una mostra che fa dialogare i ‘pittori della realtà’ con venti dipinti antichi di Fermo. “Un dipinto del 600 è così moderno che può sembrare del 900. Noi ridiamo il giusto posto a pittori per troppo tempo dimenticati”. La gente a teatro è affascinata, si sente ormai dentro i quadri. “Ottanta dipinti che in realtà – prosegue Daniela Ferrari, con Beatrice Avanzi curatrice insieme con Sgarbi - sono molti di più, centinaia e centinaia. C’è una figura retorica che regge la mostra ed è quella del quadro nel quadro. Ognuno ha amplificato altre visioni, usando una formula che regge la storia dell’altre, la citazione. Il riferirsi a qualcos’altro, come forma d’insegnamento, consapevoli che prima di noi c’è stato un altro che ci ha dato chiavi di visione. E vedrete che ci saranno Leonardo, Caravaggio, Manet e la grande pittura del 600 spagnolo dentro i dipinti, ma anche i fiamminghi. Questo perché questi pittori ‘moderni della realtà’ riscoprono il valore della tradizione, della composizione pittorica e soprattutto l’arte del mestiere teorizzato da una grande artista come De Chirico, che li aveva appoggiati e gratificati”.
Una grande mostra che sarà anche un volano per il turismo. La regione ci crede a tal punto da far salire sul palco il presidente dell’Atim, Marco Bruschi, che Sgarbi conosce bene: “Sgarbi deve stare spesso nelle Marche, abbiamo bisogno della sua energia. Grazie al sindaco, perché i primi cittadini sono custodi delle bellezze e dei tesori che abbiamo. E che insieme promuoveremo nel mondo”.
Fermo e la provincia si faranno trovare pronte, non ha dubbi il presidente Michele Ortenzi. Non ne ha mai avuti l’assessora alla cultura Micol Lanzidei: “Questa mostra è la vera ripartenza dopo il Covid del ciclo di grandi mostre pensate con Maggioli. Fermo è pronta con la sua bellezza. Il passato è il nostro ambasciatore, ma Fermo è una città che si apre all’arte contemporanea con questa mostra che racconta un’arte senza tempo, libera ed eterna”.
Il biglietto? Otto euro davvero ben spesi. E che forse non basteranno, perché è così ricca, così piena di dettagli e opere uniche nel loro genere, che bisognerà ritornare, fosse solo per ammirare l’amato Acci di Sgarbi dopo essersi fermati davanti al Baciccio, il più bel pittore barocco che ha il suo capolavoro proprio a Fermo.
@raffaelevitali