FERMO – Nel 2022 in Italia sono nate 10mila imprese in meno dell’anno precedente, che già aveva fatto registrare un -5,9% sul 2019, anno che ha chiuso il periodo di crescita iniziato nel 2013. Il problema, sottolinea lo studio del Cerved, la banca dati delle Camere di commercio italiane, è che “questo avrà un impatto negativo sull’economia, perché le start-up negli ultimi 15 anni sono state il motore della crescita occupazionale”.
Le mancate nascite del 2022 rischiano di tradursi, secondo lo studio del Cerved 'Le imprese nate nel 2022 e il contributo economico delle start-up', “in 27.080 addetti in meno e in un calo di 2,5 miliardi di fatturato, perché le nuove società apportano ricchezza, dinamismo e competitività al sistema, essendo caratterizzate da maggiore propensione per l'innovazione e l'adozione di nuove tecnologie, un'età media del management più bassa e maggiore attenzione ai temi di sostenibilità”.
La flessione di nascite più marcata rispetto al 2021 riguarda le utility (-117 milioni di euro di fatturato e -60,1% di addetti, a causa di 460 nuove nascite in meno), seguite dalle aziende agricole (-74,9 milioni di euro, -39,8% di addetti, -407 start-up), dai servizi (-1.967 milioni di euro, -14.6% di addetti che però in cifra assoluta si traducono in ben 19.000 persone, - 7.945 start-up), dall`industria (-160 milioni di euro, -12,8% di addetti, -691 start-up) e infine dalle costruzioni (-193,6 milioni di euro, -10% di addetti, -1.135 start-up), che avevano visto un vero e proprio boom nel 2021 grazie ai vari bonus edilizi.
A livello territoriale, nel Mezzogiorno le nuove imprese sono passate da 33.130 nel 2021 a 28.759 nel 2022 (-13,2%), al Centro da 24.612 a 22.128 (-10,1%; stessa percentuale del Nord Est, da 15.609 a 14.033), nel Nord Ovest da 26.428 a 24.272 (-8,2%).
A livello regionale, la Valle d’Aosta segna il calo minore di nascite di imprese (-2%), mentre le Marche quello peggiore (-20%), a causa della crisi che ha investito i distretti del manifatturiero a partire dalla moda e dalle calzature. In valori assoluti, invece, sono la Campania (-1.484 aziende), la Lombardia (-1.366) e il Lazio (-1.325) ad avere subìto i cali più consistenti. Al Nord, la regione più impattata è il Trentino-Alto Adige (-14%).
Analizzando le grandi città, si vede invece come Milano sia quella più dinamica, con un calo di "sole" 358 nuove imprese rispetto al 2021 (-3,9%), seguita da Genova (67, -8,1%) e Roma (906, -8,6%).
Quanto al contributo alla crescita occupazionale, dominano le startup dei servizi, con 230.000 addetti (il 67% del totale), seguite dalle costruzioni con il 20% (nel 2019 contribuivano per il 12%); l’industria è scesa invece dal 15% del 2019 al 10% del 2021.
I settori più performanti sono le tecnologie per telecomunicazioni, spinte dagli investimenti del PNRR in digitalizzazione, che salgono dalle 21 startup del 2021 alle 55 del 2022 (+96,4%), il facility management, la cantieristica (da 272 a 325, +19,5%).
Al contrario, tra i peggiori 10 ci sono la gestione dei rifiuti (da 225 a 108 startup, -52%), la vendita di gas (da 144 a 76, -47,2%), su cui ha pesato l’incertezza sul prezzo, i prodotti da forno e la pasticceria industriale (da 457 a 251, -45,1%), i trasporti marittimi (da 89 a 51, -42,7%) e la produzione di ortofrutta (da 753 a 468, -37,8%).
“Lo sviluppo di nuova impresa è un indicatore chiave per monitorare la congiuntura economica e il dinamismo di settori e territori – commenta Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved -. Dai nostri dati emerge che il peggioramento delle aspettative dovuto a guerra, crisi energetica e inflazione ha frenato l'iniziativa imprenditoriale".
Le start-up secondo Cerved sono il più importante driver di crescita occupazionale della nostra economia: "Nel 2021 hanno contribuito alla net job creation con un saldo positivo di 343 mila addetti, un valore pari a circa i due terzi del saldo occupazionale netto complessivo”.