di Raffaele Vitali
TORRE SAN PATRIZIO – Un centro residenziale per giovani affetti da DCA apre le porte a Torre San Patrizio. Struttura privata, ma accreditata dalla Regione, ora l’obiettivo è la convenzione, che va a colmare una lacuna del sistema di cura per chi è affetto d disturbi del comportamento alimentare.
Un mondo molto più grande di quel che si pensi quello dei Dca che colpiscono in età sempre più giovane, “la fascia principale in cui si presentano i primi sintomi è tra i 10 e i 13 anni” chiarisce subito Leonardo Mendolicchio, il medico di caratura internazionale che ha sposato il progetto fermano e che sta dando la sua vita per combatterli, ma soprattutto per trovare le soluzioni che ridiano alle persone una vita serena e di comunità.
Dodici i posti letto per pazienti dagli undici ai 18 anni. A seguirli una equipe composta da tre psicologi, nutrizionista, Oss, dietisti, fisioterapisti, due educatori e cinque infermieri, il tutto coordinato dallo psichiatra Sagripanti.
“Un percorso iniziato anni fa, ricordo il primo incontro. Come sindaco lavoro per la riqualificazione di spazi ed edifici, diversi quelli disabitati. Abbiamo valutato i bisogni e le possibili soluzioni. Serviva una variante, per interesse pubblico, per poter aprire la casa. Quel voto mi ha riempito di gioia, non riqualificavamo solo un edificio, davamo un importante servizio” spiega Luca leoni, sindaco di Torre San Patrizio atteso dal voto tra poche settimane. È candidato unico.
“Dobbiamo riuscire ad affrontare le criticità e dobbiamo farlo insieme” ribadisce mettendosi a disposizione del presidente della società OfH che ha creato la struttura residenziale ‘Torre dei Germogli’, una casa diventata polo assistenziale in cui a dominare è il colore lilla.
La regione Marche ci crede, a confermarlo è Marco Marinangeli, consigliere regionale delegato dall’assessore Saltamartini: “Un tema delicato, sentito e attuale. Nel nuovo piano sociosanitario abbiamo attenzionato i disturbi alimentari, che ha implicazioni su più settori e richiede equipe altamente specializzate”.
La sfida ora è collegare al meglio struttura e parte ospedaliera: “Noi vogliamo evitare i ricoveri, per questo è necessario anticipare i temi, lavorare sulla problematica fin dall’inizio dei sintomi. Ho conosciuto Volpini un paio d’anni fa e non posso che dire grazie alla proprietà per il suo investimento nelle Marche” prosegue il consigliere. Perno della rete sarà ovviamente il dipartimento dell’Ast 4 guidato dalla dottoressa Iacopini, ieri assente perché impegnata al Ministero della Salute.
La riduzione dei ricoveri è l’auspicio di Volpini. “Deve però crescere la cultura sanitaria di gestione delle Ast, va colta l’opportunità e anticipata la diagnosi, arrivando prima si riducono anche costi di assistenza e si aumentano le possibilità di recupero”. Per riuscirci, OfH ha nel suo staff uno dei luminari ne campo dei DCA, il dottor Mendolicchio, che di OfH è direttore scientifico.
“Noi ci occupiamo di adolescenti nelle nostre strutture nell’Italia centrale. Conosciamo ogni traiettoria del problema, le connessioni con scuola, famiglia e società. Entrano in gioco stili di vita, comunicativi e relazionali. Il disturbo alimentare spaventa, perché parla anche di morte in età giovanissima. Ma pur sempre è un disturbo legato a un disagio esistenziale, quindi può essere affrontato. La salute mentale si può rafforzare, evitando derive psichiatriche. Di certo servono competenze, a ogni livello, e lavorare per intercettare i ragazzi nelle fasi iniziali” prosegue Volpini.
Il tema della salute mentale degli adolescenti è la vera emergenza sociale del paese. Ne è convinto Mendolicchio. “Se non diamo una risposta oggi a questa emergenza il welfare di questo paese non reggerà. Non è una iperbole, ci stiamo giocando il nostro futuro” chiarisce subito con voce pacata e chiara il dottore che è spesso ospite in televisione a comunicare questa necessità.
“Un ragazzino su due in Italia pensa al suicidio, questo è un dato del Cnr su cui riflettere. La politica agisca, non c’è tempo, queste strutture vanno accreditate. Il mio know how l’ho messo subito a disposizione”. Mendolicchio porta con sé 15 anni di attività e gestisce due reparti ospedalieri, 80 posti letto in cui ricovera pazienti da tutta Italia.
“Conoscendo il sistema, ho detto sì, perché nelle Marche sono legato a famiglie che hanno sgomitato per far curare le famiglie. Qualunque legge regionale o servizio è insufficiente rispetto alla domanda. Il modello sanitario deve cambiare, non basta l’attività clinica. Ci sono diverse comunità terapeutiche in Italia e diverse lavorano male. Averne private e convenzionate che non funzionano non è solo sperpero di denaro pubblico, è dare una risposta a un problema reale che non funziona. Da qui il mio impegno per far funzionare al meglio la Torre dei Germogli. Dobbiamo accorciare le liste di attesa, altrimenti le strutture è come non averle”.
Si soffre trai 10 e i 13 anni. In Italia il gap è di 90 settimane tra inizio sintomi e prime cure. Si parla di anoressia, bulimia, ortoressia, vigoressia, principalmente sono colpite le ragazze, ma crescono i casi tra i maschi. “Un periodo lunghissimo prima di una presa in carico. Un periodo che grava la sua condizione, complica le cure, aumenta i costi, ma soprattutto la mette a rischio vita. Un progetto come questo dà respiro a famiglie che vivono in condizione disperata”.
Da qui la richiesta: “Rendiamo il sistema logico, andiamo oltre le riflessioni burocratiche, convenzioniamo. Credo che le Marche siano una regione lungimirante, spero che ci sia pragmatismo e si acceleri l’iter”.
Mendolicchio è psicoterapeuta, con un figlio adolescente: “Anche questo mi rende più sensibile, sena risposte creeremo fragilità ancora più irreversibili. Il dottor Volpini, e gli operatori, si prendono un impegno incredibile che speriamo sia poi replicabile. Ma non abbiamo tempo”.
Nella rete di risposta al problema c’è Alessandro Ranieri, direttore dell’Ambito XIX: “Non siamo esperti di Dca, ma siamo specialisti della rete sociale. Quindi lavoriamo per creare comunità del benessere. Dobbiamo essere attenti a intercettare le problematiche. Al di la degli sportelli, risposta standard per chi è consapevole del problema, dobbiamo intercettare chi i problemi non li ha ancora affrontati. Quindi dobbiamo formare operatori e anche la comunità, accrescendo il ruolo degli enti di terzo settore. E poi c’è la presa in carico integrata dei giovani e delle famiglie. Lo facciamo con assistenti sociali, psicologi e pedagogisti, se non cambiano le persone le azioni sono meno efficaci”.
Volpini riprende un passaggio di Ranieri: “Dobbiamo stimolare le parti sane, rendendo il contesto attorno migliore, dalla famiglia al sociale. Noi dobbiamo mettere a servizio il buono che c’è, rendendo consapevoli i vari attori”.
E i familiari che ne pensano? Come sempre determinata la dottoressa Coccia, presidente di Fada, associazione nata nel 2016 con sede a Fermo ma che rappresenta tutte le famiglie delle Marche, 150 soci e tanti altri genitori che sono fuori. “Siamo l’anello in sofferenza, quelli che all’inizio eravamo visti come la causa del disturbo, mentre siamo un caregiver a tutti gli effetti, siamo parte del percorso di cura e diagnosi”.
L’ambulatorio pubblico della dottoressa Iacopini è stato il la alla nascita di Fada. “Oggi operiamo in più ambiti: sostegno alle famiglie, sportelo di ascolto, attività formative, relazioni poiché con le istituzioni, azioni territoriali”.
Cosa chiede Fada? “La Marche non sono in situazione tragica, ma va attenzionata. Abbiamo ambulatori pubblici che funzionano con discrete liste di attesa. No abbiamo tutti i livelli di cura necessari: ospedaliero per le acuzie, l’ambulatoriale, il diurno, la residenza. Se non ne funziona una, si intasano gli altri. servirebbe almeno un triage lilla al pronto soccorso, altrimenti si perdono e non vengono riconosciuti. Fermo ha un ambulatorio funzionante che serve tre province, con il numero di casi che tratta va in crisi”.
Infine, i minori: “Servono neuropsichiatri infantili in grado di fare diagnosi, altrimenti neppure vengono in struttura. Le nostre famiglie affrontano viaggi della speranza. Molti sono stati in Lombardia o in Sardegna o a Bologna da Mendolicchio. Oggi c’è una struttura per adulti a Jesi e questa per i minori: capite la differenza un figlio ricoverato a 100 km o a 500? Ma sempre va potenziata la rete che deve nascere dalla competenza, fin ai medici di base e dai pediatri. Prima facciamo diagnosi, prima il paziente è in grado di riemergere. E poi servono progetti di reinserimento, magari borse lavoro, perché questi soggetti si trovano in isolamento a lungo”.
La malattia mentale purtroppo ancora è vista in maniera sospettosa, crea senso di colpa. “Ma le famiglie hanno ora consapevolezza e sono sempre più pronte a farsi carico dei familiari, a ogni livello”. Riprende Volpini: “Finito il periodo riabilitativo, serve un aiuto al reinserimento. Ecco che l’ambito sociale diventa fondamentale. Ha ragione la presidente”.
La chiosa è di Casadio, che lavora con la giornalista Rai Francesca Fialdini al programma fame d’Amore, che punta sui tempi lunghi del pubblico: “Visite ad aprile 2025 per prime emergenza. Il 6% della popolazione è affetta da DCA. Nel 2023 morti 3780 ragazzi tra suicidi arresti cardiaci, seconda causa di morte tra adolescenti. Posti ni comunità circa mille in Italia, ma parliamo di 3milioni di persone. A Bologna sono sei i posi letto. Capite che c’è qualcosa che non va? Sono felice se aprono comunità che curano i disturbi di comportamento alimentare”.
Con Fame d’Amore la rai ha deciso di raccontare storie, tragiche o di uscita dal Dca perché “bisogna dire che ogni giovane si può ammalare e bisogna agire. Si può guarire. Ogni ragazzo – conclude con un videomessaggio la Fialdini – viene influenzato nelle sue scelte. Con Mendolicchio siamo entrati in tante scuole, ho toccato con mano l’insicurezza, ma anche la scaltrezza dei giovani. Facciamo attenzione al tipo di immagine che costruiamo per loro”.
È il momento del taglio del nastro e della benedizione, Torre dei Germogli è la seconda comunità riabilitativa in Italia dedicata all’età evolutiva. Ce ne è solo un’altra a Pisa. “La cura in questa fase di età è sempre stata un’appendice di quello che si faceva per gli adulti, mentre la clinica è totalmente diversa. Oggi nelle Marche si può” conclude Mendolicchio.