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"Se vuoi il potere togli credibilità ai giornalisti". Il giubileo della comunicazione tra la Premio Nobel Ressa e Papa Francesco

25 Gennaio 2025

di Raffaele Vitali

ROMA – Migliaia di giornalisti e comunicatori hanno accolto l’appello di Papa Francesco di condividere insieme giorni e ore per imparare, ma soprattutto riflettere sul ‘comunicare la speranza in un mondo in crisi’. Lo spiega bene l’ex direttore Rai Paolo Ruffini che anticipa Mario Calabresi, che è stato scelto come moderatore del momento di riflessione affidato a un Premio Nobel per la Pace, la giornalista filippina Ressa e uno dei più grandi scrittori viventi, l’irlandese McCann.

“Dobbiamo pensare alla difficoltà della ricerca della verità e a quanto sia facile il diffondersi delle falsità. La potenza del dialogo. La comunicazione come collante o veleno delle comunità. Sono questioni che sfidano la responsabilità personale e collettiva dei giornalisti, non possiamo essere cibo per algoritmi” esordisce Ruffini, prefetto del dicastero della comunicazione vaticana.

“Il ruolo della stampa è grande, serve un ritorno alla vocazione di comunicatori, giornalisti e narratori, all’interrogarci tutti, credenti e non, sul senso del lavoro, del comprendere come e se possiamo costruire nella verità una speranza di  futuro” ribadisce.

Trai tanti ad ascoltare ci sono decine di giornalisti marchigiani: da don Michele Rogante, responsabile della comunicazione della curia di Fermo ai componenti dell’Ordine guidati dal presidente Franco Elisei, e al gruppo dell’Ucsi, la stampa cattolica, con il presidente nazionale, Vincenzo Varagona, protagonista anche di due momenti di riflessione.

Il giubileo del mondo della comunicazione parte da una domanda: si può ancora comunicare la speranza? “Si può ancora comunicare con speranza, o la nostra è solo una narrazione disperata, in cui il male è protagonista in assoluto, in cui la cronaca nera è il pane quotidiano, in cui la propaganda costruisce un nemico, un colpevole, un’informazione in cui ci abituiamo coltivare la diffidenza, a vedere negli altri non persone con i  nostri stessi bisogni, sogni e paure, ma qualcuno da tenere lontano, da considerare avversario se non nemico? “ si interroga Calabresi.

“Il male, sia chiaro, va raccontato. Nessuno pensa a una realtà colorata di rosa, al silenzio di fronte al male. Ma la narrazione del male non può essere l’unica e non può essere il motore dell’informazione. Anche dentro il male esistono elementi di bene. Gli esempi di bene sono gli appigli che non ci fanno cadere nel baratro e ci parlano di speranza. Il mondo non è tutto nero e cupo. Se ci togliamo le solite lenti c’è un esercito di persone che costruisce cose buone e fa la sua parte, costantemente. Chi risolve, chi si occupa, chi cura, chi cerca la verità, chi resiste: noi dobbiamo stare dalla loro parte. Dobbiamo spostare il loro punto di vista, non la resa all’ineluttabilità del male. Le persone più importanti per cambiare i termini del discorso sono i giornalisti, ricordiamolo” prosegue Calabresi

Chi ascolta deve essere partecipe e poter entrare nelle storie raccontate. “Abbiamo la possibilità di scegliere da che parte stare e lo possiamo fare ogni giorno. Questo deve fare un buon comunicatore” conclude regalando un assist e i due ospiti che snoccioleranno proprio il tema delle storie degli altri e del valore della libertà di informazione.

A parlare sono la giornalista filippina Maria Ressa, premio Nobel per la Pace nel 2021, e lo scrittore irlandese Colum McCann, autore di 14 best seller tra cui l’acclamato Apeirogon, che racconta la storia di Bassam Aramin e Rami Elhanan, uno israeliano e uno arabo, uniti dal dolore per la morte delle figlie di 10 e 13 anni, entrambi incontrati da Papa Francesco nell’aprile 2024.

“Se vuoi il potere, togli credibilità ai giornalisti. Siamo sotto attacco” esordisce Ressa. Per questo, “bisogna fare la cosa giusta. E fare attenzione alle piattaforme social, che non sono neutrali, provocano un grande coinvolgimento mentale e psicologico. Sono empatiche. E se convinci le persone che il falso è vero, controlli le persone”.

Il concetto è molto semplice: “Senza fatti non puoi avere verità, se non hai verità non hai idee, senza storia non hai una realtà da condividere. Senza giornalismo non hai democrazia”. Per questo ricorda a tutti che “I giornalisti vano pagati, serve dignità”.

La sua denuncia è semplice: “C’è un disegno per fare soldi con i nostri pensieri. I big tech cambiano il modo in ci noi ci sentiamo, il modo in cui viviamo il mondo, il nostro voto. Chi controlla la tecnologia, ha il potere di Dio. Ma resta un uomo che ha una mancanza di visione e può portare il mondo verso il passato”

Per superare tuto questo è importante seguire la golden rule: “Aiutarsi, trovare coraggio in me e nell’altro. Il coraggio di parlare quando il silenzio è più sicuro, costruire ponti quando i muri sono più facili, continuare a cercare la verità, anche se il mondo va dall’altra parte. Io sono, perché noi siamo. Il dolore di uno, è il dolore di tutti”. L’ultimo passaggio della premio Nobel è dedicato a quattro consigli per un giornalismo migliore: “Collaborare, ricercare la verità, proteggere i più deboli, riconoscere il proprio potere. Immaginate – conclude – se tutti noi lavorassimo insieme, potremmo fermare la crescita del diavolo. La speranza non è qualcosa di passivo, bisogna attivarsi”.

Il lungo applauso, con i giornalisti tutti in piedi, premia il suo pensiero e accoglie quello di McCannn che, da fondatore del movimento ‘Narrative for’, punta tutto su una semplice riflessione: “Il mondo è  fatto da atomi, ma anche da storie. Noi viviamo uno vicino all’altro, così creiamo energia e condividiamo uno la vita dell’altro. Le nostre storie possono cambiare il corso della storia. Le store sono la colla che ci tiene uniti. Altrimenti saremmo nulla se non comunicassimo uno con l’altro. Condividiamo le storie simili e differenti da noi, se smettiamo di ascoltare, diventiamo piccoli. Il mondo è fatto dalle storie degli altri e soprattutto di quelli che non conosciamo o ancora non conosciamo”.

Who è una delle domande da porsi. Quando ci rifiutiamo di ascoltare le storie, quando smettiamo di ascoltare altri punti di vista, il mondo si blocca, ci chiudiamo nelle nostre prigioni, e ci ritroviamo senza vicini. “Chi siamo se siamo solo noi stessi? Se limiti le storie dell’altro, tu possiedi gli altri. dobbiamo portare l’umanità delle persone da un posto all’altro. Dobbiamo conoscere l’altro e comunicarlo. Anche con la musica, come meglio non potrebbe fare Uto Ughi, il giovane 80enne che con il suo violino e l’orchestra ha accompagnato, tra Oblivion di Piazzolla e brani di Bach, i 6mila dell’aula Paolo VI all’atteso momento di confronto con Papa Francesco (leggi il discorso del Papa).

Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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