di Francesca Pasquali
FERMO - Scuola d’estate? Più no che sì. Sta facendo discutere la proposta del ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, di tenere aperte le scuole fino a settembre.
Niente obblighi, ma progetti che i plessi dovranno presentare entro maggio, per accedere ai finanziamenti (520 milioni) e organizzare corsi e attività extracurricolari, libere e gratuite. Si parla di arte e musica, sport e ambiente. Ma anche di corsi di recupero e stage. Attività che le scuole, dalle materne alle superiori, dovranno organizzare in autonomia, accolte tiepidamente nel Fermano. Almeno finora.
Perché la circolare con la novità, nelle mail dei presidi, c’è arrivata martedì sera. E tanti devono ancora leggerla. Chi l’ha fatto si dice perplesso. Anche se a distanza, la scuola è andata avanti, che c’è da recuperare? il pensiero comune di diversi dirigenti. Perché, oltre ai corsi di teatro e ceramica, la circolare parla di corsi di recupero.
Le attività dovrebbero essere organizzate in tre fasi: rinforzo scolastico nelle ultime due settimane di giugno, laboratori di musica, arte, sport, creatività, educazione alla cittadinanza e stage a luglio e agosto, laboratori e momenti di ascolto a inizio settembre.
Ma i presidi sono poco convinti. Per quello del Liceo classico “Caro”, Piero Ferracuti, tenere aperte le scuole d’estate varrebbe la pena «solo laddove la didattica a distanza ha creato evidenti carenze» o per recuperare «quel poco rimasto indietro dell’offerta formativa». Non vogliono infierire sugli studenti, i dirigenti, già provati dal secondo anno di scuola in pandemia. Restrizioni permettendo, quando suonerà l'ultima campanella, sarà ormai tempo di mare, di sport all’aperto e riposo.
Ma non è solo questo. Come ci arrivano a scuola, gli studenti, se i pullman da un certo punto in poi smettono di passare. Il problema, che non è piccolo, riguarda soprattutto le superiori, dove convergono ragazzi da tutta la provincia e oltre.
Per la preside dell’Ipsia “Ricci” e reggente e del Liceo artistico “Preziotti Licini”, Annamaria Bernardini, meglio sarebbe «organizzare le attività nei territori di appartenenza». Ad occuparsene – spiega – dovrebbero essere i Comuni, assieme alle scuole. Su questo fronte, le scuole inferiori sono messe meglio. Ma, pure qui, le perplessità non mancano.
«È giusto pensare a spazi di recupero per i ragazzi, sia dal punto di vista sociale sia culturale, ma non so se le scuole siano adatte come luogo, né se l’estate sia il periodo migliore», dice la preside dell’Isc “Da Vinci - Ungaretti” di Fermo, Maria Teresa Barisio. Perché non tutti i plessi hanno spazi all’aperto da usare e, d’estate, in classe, fa caldo. Perché i ragazzi non vedono l’ora di riposarsi e il rischio che disertino le attività è reale. E perché progettare corsi estivi a maggio, con gli esami alle porte, non è il massimo.
Critica anche la preside dell’Isc “Pagani” di Monterubbiano, Annarita Bregliozzi. «L’idea di recuperare è sbagliata. Tutti abbiamo lavorato instancabilmente per garantire la continuità del servizio. Anche in dad, non abbiamo perso niente», dice. Se poi, oltre a recuperare le "lacune" della dad, gli studenti potranno anche risocializzare dipenderà dalle restrizioni, se saranno allentate.