di Raffaele Vitali
MONTEGRANARO - Dimenticare il 2023, mettersi l’elmetto, scendere in trincea e mantenere le posizioni: questo il destino del settore calzaturiero italiano. E quello marchigiano purtroppo non si distingue, anzi, avendo un legame ancora più solidi con mercati oggi in difficoltà, Germania e Russia su tutti.
I dati ufficiali del primo trimestre forniti da Giovanna Ceolini, presidente di Assocalzaturifici, tolgono quel velo di ipocrisia alla lettura dei numeri legati alla moda italiana. “Siamo di fronte a una brusca frenata del comparto calzaturiero che registra una contrazione sia dell’export (-9,7% in valore e -10,3% nelle paia) che del fatturato (-10,1%)”.
Un dato ben superiore a quanto certificato dal Centro studi di Confindustria moda sulla flessione degli acquisti delle famiglie italiane (-1,6% in quantità e -0,7% in spesa). Il 2023 va messo in cantina, come un vino buono, con il suo +0,6% sul 2022, una specie di anno record per valore ma già in difficoltà nei volumi, e un totale di 14,58miliardi di fatturato del calzaturiero.
“Nel 2024 è proseguito per il calzaturiero il rallentamento iniziato nella seconda metà dello scorso anno, divenuto ora ancor più marcato, con una forte riduzione degli ordinativi e dell’attività produttiva, per l’Istat il calo della produzione industriale raggiunge il 20,5%” ribadisce la presidente.
Che ha ascoltato gli associati. “E tra di loro – precisa – il 68% ha evidenziato un calo, per un quinto è ben superiore al 20%. Quel che è peggio è che solo l’11% crede in una ripresa nel secondo semestre”. La previsione del centro studi è di un calo generale nel 2024 del 7,4% e soprattutto una inversione di rotta non prima del 2025.
Nel report emerge come, per quanto riguarda le esportazioni (cui viene destinato l’85% della produzione nazionale), nel primo trimestre siano state vendute 51,9 milioni di paia (6 milioni in meno rispetto agli stessi mesi dello scorso anno), per 3,17 miliardi di euro. Dopo un gennaio di tenuta (almeno in termini di valore: +1,4%), la dinamica si è fatta più penalizzante a febbraio (-6,2%), fino a registrare in marzo un crollo nell’ordine del -20%, sia a valore che nelle paia.
A perdere maggiormente, da qui la difficoltà del distretto fermano-maceratese, è la tipologia di scarpe in pelle, che vale da solo il 65% delle vendite, ma che diminuisce dell’8,6% in volume. Paradossalmente, nonostante la Germania, l’Europa tiene meglio del resto del mondo.
La Francia resta la prima destinazione, ma se il valore resiste, il volume è in calo del 4,3%, per alcune griffe si supera il 20. Ed eccoci a Germania e Belgio, -37% in quantità, -10 e – 20% in valore. Gli ordini, è stato confermato anche dal Pitti, non ci sono, anche se non manca l’interesse. Il puto è che il buyer e il negoziante tedesco hanno una mentalità differente da quella italiana: se i conti sono in rosso, non ordinano meno, bloccano ogni rapporto.
Guardando ai distretti, tutti arrancano. Dal primo in classifica, la Lombardia (-10,8% sui primi 3 mesi 2023), passando per il Veneto (-14,8%, che copre da sola ben il 40% dei flussi verso la Francia, in calo del -6,9% ma sempre prima destinazione regionale) e la Toscana (-19,7%, che ha registrato un crollo del -82% dei flussi diretti in Svizzera. Le Marche sono quarte e perdono meno di altre, ma solo perché è meno impattante il ‘peso’ delle griffe: -8,9% nel complesso, con il -7,7% a Fermo, -5% a Macerata e un arretramento decisamente più pesante per Ascoli Piceno, che ha perso il -21,7%.
Tornando ai mercati, non stupisce il calo della Svizzera, visto che non è più la piattaforma logistica prioritaria per le grandi griffe che preferiscono spedizioni dirette dai nuovi hub in Italia, vedi Civitanova Marche peer fare un esempio in casa Lvmh.
Chi resiste è il verso il Far East (+4,3%) e il Medio Oriente (+14,1%) – dove più forte è tradizionalmente la presenza delle griffe – uniche macroaree a sperimentare un incremento rispetto al 2023, va letta anche alla luce di queste dinamiche. In Estremo Oriente, in particolare, bene Cina (+10,8% in valore e +17,8% in quantità) e Hong Kong (+26% in valore e +4,9% in volume, che resta però distante dalle paia 2019 pre-Covid). Tiene il Giappone (-0,9%, con un +3,1% in quantità), mentre la Sud Corea registra brusche flessioni (nell’ordine del -30%).
Non decollano gli Sati Uniti, la chimera del millennio, che scendono dell’8,8%. Infine la Russia, ancora fondamentale per molte aziende del Fermano, che perde il 17,8% delle paia e vede scendere ancora il valore di acquisto, questo anche a causa di un rublo sempre più debole. L’Ucraina resiste, chi continua a offrire buone performance è il Kazakistan, +12,2% in quantità.