MONTEGRANARO – Timori svaniti per il settore calzaturiero. La presidente Giovanna Ceolini, che guida Assocalzaturifici, snocciola numeri che danno fiducia: il 2023 viaggia con un +13,6% rispetto ai primi mesi del 2022. I dati sono del Centro Studi Confindustria Moda. “I costi elevati di energia e materie prime rappresentano attualmente il problema maggiore per le imprese calzaturiere, per il forte impatto sui bilanci aziendali” sottolinea subito la presidente, che con pragmatismo analizza il segno più che ha sul tavolo.
Nonostante il trend favorevole nelle principali variabili congiunturali, non mancano però elementi di preoccupazione. “Sono diversi, infatti, i segnali di affievolimento (per certi versi fisiologico) della crescita, dopo il rimbalzo registrato nel 2021 e l'ulteriore consolidamento del 2022 che, seppur con un andamento piuttosto disomogeneo tra le aziende, hanno permesso al settore nella sua generalità di tornare sui livelli di fatturato del 2019 pre-Covid” prosegue la Ceolini.
Le previsioni delle aziende sui ricavi nei trimestri successivi al primo, sebbene permangano positive, evidenziano una progressiva decelerazione, mentre in termini di volume il rallentamento risulta ancora più evidente, con alcuni segni negativi che già emergono nel confronto con l’anno scorso.
"Dopo l'ennesimo record conseguito a consuntivo 2022 (12,65 miliardi di euro, +23% sul 2021), prosegue l'incremento dell'export, segnando +16,1% a valore”. Nel dettaglio, crescono le prime venti destinazioni tipiche del settore calzaturiero. Cresce il valore, ma calano i volumi: Nord America (-19,4%), Germania (-8,8%), Regno Unito (-10,1%). Più preoccupante il -24,8% della svizzera, tradizionale hub logistico delle griffe del lusso. Rimbalzo in Russia e Ucraina, anche se va tenuto conto che nel marzo dello scorso anno, subito dopo l'avvio del conflitto, le vendite verso i due mercati erano crollate; risultati premianti in Kazakistan (+77% in valore).
Quello che l’indagine di Assocalzaturifici ha messo in mostra è che l’84% degli imprenditori coinvolti son preoccupati perché non trovano manodopera, mentre il 39% evidenzia un peggioramento dei rapporti con le banche.
A livello di distretti, la presenza delle griffe fa correre la Lombardia, in particolare Milano che con un +64% è diventata la prima provincia esportatrice del settore, scavalcando Firenze (-11%). Merito della Svizzera, visto che cresce del 105%, a fronte di un calo importante di Firenze a riprova di un cambiamento di logistica dei grandi brand.
Più solido invece l’aumento delle Marche e di Fermo in particolare: +20,3% la crescita delle Marche grazie a Fermo, +23,3% e Macerata, +21,8%. Cresce anche Ascoli +13,6%. Dati che permettono alla regione di superare del 4% i livelli del primo trimestre 2019 pre-Covid. Performance non riuscita alla Campania e che è meno brillante in Puglia e Toscana.
Numero dopo numero, si arriva anche al segno meno più pesante, quello che certifica la chiusura di 107 aziende, cosa che non ha comportato perdite di posti di lavoro, -0,3%. Visto che chi è aperto lavora, non stupisce il calo delle pre di cassa integrazione, che tornerà a salire nel secondo trimestre, -20,4% nei primi 5, con una crescita però negli ultimi due del 12 per cento.
Non tutte le scarpe poi corrono. Il comparto delle calzature con tomaio in pelle, primo per importanza con un'incidenza del 63% sulle vendite estere in valore, è l'unico a presentare nel primo trimestre incrementi dell'export sia in valore (di poco superiori alla media, +18,6%) che in volume (+1,4%) a confronto con gennaio-marzo 2022; denota però, in quantità, ancora un divario non trascurabile rispetto al 2019 (-16,6%). In difficoltà le calzature in pelle da bambino (-12% in volume), che interrompono il recupero dell'ultimo biennio.
r.vit.