di Raffaele Vitali
FERMO – Don Sandro Salvucci nuovo arcivescovo di Pesaro. Papa Francesco stupisce ancora, andando a ‘pescare’ un parroco di una piccola comunità, quella di Montegranaro. Uno studioso che ha saputo portare la teologia in mezzo alle persone, ai giovani. Stupore per lui, ma anche per l’arcivescovo di Fermo, Rocco Pennacchio. E nessuno dei due lo nega, parlando davanti ai preti della diocesi riunioni in duomo.
“Caro don Sandro, grazie del tuo sì al Papa. Per te, tre pensieri che ho maturato in questi ultimi giorni. Tre esortazioni: la prima è di allargare lo sguardo. La chiesa di Dio è più grande dei confini della nostra diocesi, figuriamoci delle nostre parrocchie. Dobbiamo essere contenti e orgogliosi che - sottolnea Rocco Pennacchio - la nostra arcidiocesi sia stata interessata da questa scelta, che cade su un sacerdote di valore, come don Sandro, che dimostra come la nostra diocesi sia in grado di fornire pastori alla chiesa di Dio. Non si perde quando si dona e la nostra diocesi è allenata a farlo a tutti i livelli”.
La seconda esortazione è quella di incoraggiamento “a te, Sandro. Non sono questi i tempi di trionfi per chi arriva all’episcopato. Ma tempi di martirio, nelle difficoltà c’è la grazia di Dio e la nostra preghiera che ti darà forza. Solo in questi ultimi giorni c’è stato il vociare, con grande interesse su di te”.
La terza è una rassicurazione a Montegranaro. “La comunità vivrà in questo momento sentimenti contrastanti di gioia e scoraggiamento. Li rassicuro: noi siamo presbiteri, sacramento di Cristo, conta la dote personale, la capacitò spirituale del singolo, ma siamo sacramento. Ci affezioniamo ai pastori, ma la maturità di una comunità si misura nella capacità di saperli accompagnare in una nuova stagione della vita”.
E poi don Sandro che prende la parola alle 12.12. “Eccoci qua, respiro”. Esordisce così e per alleggerire il momento racconta un aneddoto, il momento da cui tutto è partito: “Era il 28 febbraio, mi trovavo nel mio ufficio intento a sistemare le carte e mi arriva una telefonata a con un numero 06. Ho pensato al solito contratto commerciale. Vi confesso che ho chiuso la chiamata. Dopo 45 minuti lo stesso numero. Rispondo e cercando di essere gentile mi preparo a dire no. Una voce mi chiede ‘lei è don Sandro Salvucci?’. Si presenta, era un consigliere del nunzio. Mi si gela il sangue. Pensavo di aver combinato qualcosa. Poi ho pensato a uno scherzo, era il lunedì di carnevale. E invece mi comunicava che il Nunzio mi voleva incontrare”.
Rimane interdetto, poi chiama Pennacchio. “Come un fratello, come un padre mi ha accolto e mi ha preparato. Anche se non sapevamo il dove. Speravo di carpire qualcosa in più dal vescovo e invece, sono rimasto in attesa”.
Con umiltà ammette: “Il primo pensiero è stato ‘come è possibile che lo chiedano a me’. Non avevo nessuna attesa in questo senso. Le battute non mancano mai. Ma io stavo pascolando il mio gregge. Fare il parroco mi piaceva. È stata una sorpresa. Ma siamo qui, dove nel 6 dicembre del 1992 ho fatto il salto e mi son messo a servizio della chiesa diventando diacono. Quel ‘sì’ ha significato essere pronto a servire la chiesa ovunque mi chieda di andare. Non ho mai, in questi anni, chiesto di poter svolgere un servizio o un altro, mi sono sempre fidato della Chiesa. Poi si dialoga, ma sempre fidandomi. Sono settimane che dormo due ore per notte. Ovunque si è testimoni del vangelo di Cristo. Quello che è luce per me lo sarà per altri”.
È la sfida della missione. “Il secondo pensiero è che siamo qui, sopra i tre vescovi che hanno segnato la mia vita: Cleto Bellucci che mi ha ordinato a San Claudio nella cattedrale a cielo aperto, il vescovo che ha creduto nella mia vocazione; Gennaro Franceschetti a cui sono molto grato, un vero esempio. Ho ancora in mente il sorriso e le sue parole; Luigi Conti che mi ha affidato prima il seminario e poi mi ha reso felice, nominandomi parroco, era un mio grande desiderio”.
In diretta streaming svela poi la sua intimità, raccontando la sua camera da letto, le immagini che lo accompagnano ogni giorno. “Un luogo riservato in cui ho quattro immagini appese alle pareti. Il volto di cristo crocefisso e abbandonato sula croce, ogni giorno mi volgo verso l’immagine e dico ‘anche oggi voglio vivere la giornata amandoti, cercandoti, abbracciandoti in ogni volto che incontrerò’. Poi Maria, madre della tenerezza che rappresenta il volto della Chiesa, luogo accogliente e madre della tenerezza per tutti. la terza immagine è una foto che gira in tutta la diocesi del vescovo Franceschetti con delle frasi tratte dalle parole che ha detto durante una messa del viatico coni seminaristi: ‘L’importante è servire la Chiesa e ognuno deve fare la sua parte. per quanto possibile ho fatto la mia’. Parole che erano un testamento spirituale e questo fare la mia parte è un ritornello dentro di me. La quarta è padre Pino Puglisi, un prete martire. È stato ucciso dalla mafia a Palermo dieci giorni prima che io fossi ordinato prete. Mi è rimasto impresso l’esempio di questo prete”.
Per don Sandro Salvucci, oggi arcivescovo Salvucci, Puglisi ha davvero un ruolo speciale: “È un po’ un mio protettore, un mio patrono. Il suo volto sorridente, perché è stato un sacerdote appassionato di vangelo, con la passione per l’uomo. Il suo agire era un servire l’umanità, le nuove generazioni, spendersi per loro, per la giustizia e per la pace ma nel nome del vangelo. Voglio anche io dare la vita per l’uomo e per il vangelo, come ha fatto lui”. Immagini che sono una guida e che lo accompagneranno a Pesaro.
L’ultimo pensiero, oltre che per gli amici preti è per la sua parrocchia, Montegranaro: “Voi fedeli mi avete aiutato a diventare pastore. Grazie in maniera speciale alla comunità di Montegranaro, una palestra formidabile. Chi ha voglia di fare palestra, si presenti a Pennacchio per scegliere una comunità dinamica e viva. Il primo grande dolore alla notizia è stato quello di lasciarla a cui voglio un gran bene ed è già sofferente per il distacco da don Lambert. Ma ho già detto a Rocco Pennacchio di fare il massimo. Infine, il saluto alla chiesa pesarese, alla mia chiesa. La sento già mia, ci vedremo presto”.
Conclude con un grande sorriso e rubando le parole a Papa Francesco: “Non dimenticate di pregare per me”.