MONTEFORTINO – Povero Padre Pietro Lavini. Ha faticato tanto, ha posizionato pietra dopo pietra, ha alzato muri e da solo ha costruito il monastero di San Leonardo. Per molti l’eremo, ma in realtà lui lo immaginava come un luogo di passaggio e accoglienza, dove incontrare Dio e trovare ristoro.
Ci ha lavorato per trent’anni senza sosta, aiutato da tanti volontari, che si alternavano ma era lui, che Giovanni Paolo II definì il ‘muratore di dio’, a non lasciare mai il posto, accompagnato dalla sua fida carriola.
Nel 2000 la consacrazione della chiesa e poi quei pellegrinaggi tra laico e religioso, che soprattutto nei mesi estivi portavano migliaia di persone affascinate dalla natura, il monastero si trova incastonato trai monti dopo la gola dell’Infernaccio, a raggiungerlo. Ma in tanti erano mossi dal desiderio di poter vedere e pregare in un luogo costruito con la forza della fede e dell’amore.
Quel luogo, però, dal 2016 (padre Pietro è morto nell'agosto del 2015) è entrato in un tunnel che sembra senza via d’uscita. Danneggiato dal sisma, non ha trovato un benefattore come accaduto per il Santuario dell’Ambro e così la sua porta resta chiusa.
San Leonardo è di proprietà delle monache benedettine di Santa Vittoria in Matenano. Non si conosce il suo destino, se i fondi per recuperarne il pieno utilizzo ci siano o meno, se sia o no una priorità della curia di Fermo, se possa tornare a essere un riferimento per tanti religiosi e non.
Nessun mitizzazione del frate cappuccino, ma il riconoscimento del lavoro di un uomo che aveva conquistato anche il Papa diventato Santo. Nel 2018 il sindaco di Montefortino revocò l’inagibilità per un porzione di monastero, la scala e un parte di portico, ma il suo utilizzo da parte dei viandanti avrebbe dovuto essere seguito e monitorato da persone formate o dalla stessa proprietà.
Ci sono tanti ‘amici’ di padre Pietro che sarebbero pronte a svolgere questo servizio, ma da anni ormai anche quella parte è sta resa irraggiungibile, visto che il cancello di ingresso è chiuso a chiave e solo la diocesi di Fermo può deciderne la riapertura.
Nel giorno dell’onomastico, torna ad alzarsi il grido di chi quella chiesa l’ha vista nascere: riaprirtela, ma soprattutto dite cosa volte farne. A sette anni dal sisma, con tante altre chiese ancora chiuse dal terremoto, si comprendono le difficoltà.
Ma quello che più dispiace è il silenzio che è sceso attorno a San Leonardo, quel silenzio che tanti pensavano padre Pietro amasse e che in realtà lui viveva perché sempre in ascolto di Dio. Ma sempre pronto a romperlo per accogliere chi raggiungeva quel luogo magico alle pendici della Priora.
Un luogo oggi inaccessibile, un danno per tutti, turismo incluso. Aspetto che dovrebbe magari interessare anche il commissario alla ricostruzione post sisma Guido Castelli, molto attento al connubio recupero e rilancio delle aree. Ma soprattutto uno schiaffo alla memoria di chi quella chiesa l’ha costruita pietra dopo pietra.
Padre Pietro diceva sempre: “Se fai affidamento su mezzi umani, sei certo, prima o poi, di rimanere deluso. Se invece fai affidamento su Dio, lui riesce a compiere miracoli”. Purtroppo dietro la ricostruzione mancata ci sono ancora troppi umani.
Raffaele Vitali