di Raffaele Vitali
ORTEZZANO – L’impatto della quarta generazione dentro l’azienda Ciriaci, tra i leader della norcineria nelle Marche, emerge in più sfaccettature. Da un aumento di presenza sui social alla novità della cena nell’aia, il tutto accompagnato dalla solidità commerciale che non è stata intaccata dalla pandemia, grazie anche a nuovi sistemi gestionali interni frutto di investimenti importanti in tecnologia.
“La cena nell’aia è un modo per permettere alle persone di approfondire la nostra realtà, che è produttiva ma evolve nel tempo. La nostra tradizione, che è dentro i prodotti, la vogliamo far incontrare alle persone, a chi acquista Ciriaci” spiega Paolo Scendoni, seduto al fianco della madre, nonché Ad, Graziella Ciriaci. Da qui la serata del 30 luglio, prenotabile al 3332722246, in collaborazione con la cantina Velenosi.
Perché l’aia? “È come aprire le porte della nostra terra. è uno spazio vicino all’abitazione storica. Uno spazio di lavoro che diventa luogo da vivere ammirando il Fermano grazie al punto panoramico che lo caratterizza. In una serata si uniscono salumi, vigna e natura. Tra un pezzo di carne alla brace e l’altro, ci sarà la possibilità di entrare dentro l’azienda, capire come si lavora e mostrare che il semplice del prodotto è frutto di un modo di lavorare in realtà complesso e preciso”.
Semplicità è una parola importante per il mondo dei salumi Ciriaci. “Il nostro segreto è nella squadra. Integriamo l’artigianalità e la qualità con la produzione industriale. Questo è fondamentale da far capire, essere grandi non significa non riuscire a fare le cose al meglio. I tempi vanno ottimizzati e noi ci siamo riusciti” riprende Graziella Ciriaci, che arriva con camice d’ordinanza e retina in testa.
L’azienda conta su 35 dipendenti interni, più cinque nei punti vendita diretti di Porto San Giorgio e Sant’Elpidio a Mare. “La qualità parte in primis dai controlli che ogni giorno superiamo. Non è burocrazia, ma sicurezza. La pandemia in questo non ha cambiato il modo di approcciarsi. Eravamo preparati, grazie a norme di sicurezza che ci hanno permesso di non fermarci mai. Certo, le mascherine hanno impattato anche dentro la nostra azienda, ma a livello di fatturato non abbiamo avuto cali. L’impatto della pandemia però è stato pensate dal puto di vista umano” riprende Paolo.
A dare forza al mondo Ciriaci è stato il mercato di prossimità, cresciuto a discapito di quello italiano che per alcuni periodi è stato quasi bloccato dalle norme anti Covid. Fondamentale l’organizzazione interna che permette di evadere anche piccoli ordini. “Lazio, Abruzzo ed Emilia, oltre alle Marche, restano il cuore del nostro business, ma stiamo crescendo” riprende la Ciriaci
A fine dell’anno scorso l’azienda ha investito quasi mezzo milione di euro, grazie a Industria 4.0, puntando su nuovi macchinari e aumentando la comunicazione. “Un esempio, la macchina che etichetta i prodotti con le informazioni destinate al consumatore, evitando così che debba farlo il cliente” precisa la Ciriaci. Il che significa un ulteriore controllo su tutta la filiera del prodotto, con un ulteriore amento di qualità e sicurezza. “Quello che tutti abbiamo compreso è che la tecnologia comporta una nuova organizzazione interna, no un calo di personale. Avere oggi la possibilità di impacchettare tutto, anche un singolo pezzo, fa sì che per le norme anti Covid ogni prodotto esca e arrivi perfetto” riprende la manager.
Che non si ferma qui. “Dopo aver completamente rinnovato il punto vendita di Porto San Giorgio, abbiamo avviato i lavori per quello di Sant’Elidio e presto ne apriremo uno nuovo a Civitanova Marche, ma su questo non dico di più”.
Paolo ed Elisa sono i due figli, la quarta generazione, che nei rispettivi campi, gestione del personale e amministrazione, hanno portato know how in azienda. Giovani loro, neo trentenni, ma giovani anche i dipendenti: “Negli ultimi due anni abbiamo avuto 8 pensionamenti, il che ha comportato un ricambio importante. I giovani hanno voglia di lavorare e imparare, ma soprattutto si dimostrano fondamentali nell’evoluzione tecnologica che stiamo dando all’azienda” sottolinea Graziella Ciriaci.
Che da sempre ha creduto nelal filiera il più possibile chiusa, tanto che l’80% dei nostri prodotti sono frutto della lavorazione interna della carne, grazie a due allevamenti a Carassai, di cui uno a paglia. “Abbiamo anche un piccolo mulino all’interno di un allevamento e quest’anno abbiamo piantato dieci ettari di favino, su terreni biologici, che poi useremo per alimentare gli animali”. Questo è il mondo Ciriaci che il 30 luglio apre le porte dell’aia, mentre il 23 insieme con Aurelio Damiani sperimenta l’aperitivo gourmet dentro la bottega di Porto San Giorgio.