MONTE URANO – L’atto amministrativo che va in modifica, oggi in Terza Commissione, e che cambia il Piano Tutela delle acque regionale, contestato da Di Ruscio, nasce dall’esigenza di rivedere una questione che sta creando difficoltà al tessuto imprenditoriale, ma anche ai cittadini.
Consigliere Francesco Giacinti, ci spiega cosa sta accadendo?
“La premessa è per capire. Parliamo di rifiuti industriali, acque reflue, ovvero liquidi, ma non pericolosi. Non solventi, scarti chimici, veleni, ma per fare un esempio gli scarti di lavorazione di un prosciuttificio o dei forni”.
Cosa fa la Regione?
“Con gli articoli 30 e 31 del Piano di tutela delle acque ha imposto un livello che se rifiuti di questa tipologia arrivano in impianti pubblici di trattamento, che sono tanti e funzionali come dimostra la qualità delle acque delle Marche, finiscono poi fuori regione. E invece abbiamo spazi liberi, a San Benedetto c’è un impianto per 170mila possibili abitanti, lo sfruttiamo per 80mila. Quindi perché non portarci il rifiuto di questo tipo?”.
Di che impianti parliamo?
“Un impianto di trattamento, dove le modalità di conferimento sono guidate dall’Ato e dal consorzio di riferimento, nel nostro caso Tennacola e Ciip. Abbiamo impianti per 2milioni di persone, ma siamo 1,5 nelle Marche. Quindi, avendo capacità residua, abbiamo deciso di poter far trattare rifiuti non pericolosi, ma che possono essere lavorati per poi passare alle fogne e infine alla depurazione, anche nelle Marche”.
Chi trae vantaggio?
“Sicuramente imprese del settore ambientale, ma in realtà anche attività del settore alimentare, in primis, che hanno modo di smaltire in maniera più efficiente. Per farlo però serve la deroga alla norma, altrimenti i rifiuti continuerebbero ad andare in Emilia Romagna o in Abruzzo, con un aggravio di costi per le imprese e un vero danno ambientale. Queste due regioni hanno parametri meno restrittivi di noi al momento”.
Una decisione frutto di che percorso?
“L’assessore Sciapichetti dal 2016 ha affrontato questo discorso. Era arrivata una richiesta da Confapi e ora ne sono arrivate da altre associazioni di imprese del settore ambientale, ma sono critici alcuni gestori dei settori del trattamento. Ma perché non hanno colto appieno la norma”.
Chi controlla?
"L’Ato, su parere dell’Arpa e la Provincia, oltre alla regione. Non cozziamo con le finalità ambientali, anzi. Le norme in materia non sono toccate, non parliamo di deroghe per scarichi diretti e superficiali. La deroga è per far ricevere nell’impianto che lo può prendere”.
Quale fine secondo lei aveva Di Ruscio?
“Lui fa confusione, spero solo per motivi politici. Lui sa bene che le Marche hanno dei limiti eccessivamente restrittivi, diversamente dalle regioni vicine".
Ma il Consiglio regionale in deroga può prendere decisioni così?
"Il consiglio regionale non è stato prorogato ma è nel pieno delle sue funzioni. Lo dovrebbe sapere Di Ruscio, come dirigente del comune di Fermo, visto che la stessa estensione vale per i comuni".
Scarichi industriali liquidi non pericolosi, sicuro?
"Senza dubbio i controlli sono ferrei. Non c’è il banditismo nel mondo delle nostre imprese. Ma il piccolo scarico abusivo speriamo di chiuderlo in questo modo, offrendo la possibilità di trattare un rifiuto che invece magari viene usato in maniera ‘illegale’. Le norme intelligenti diventano un deterrente a comportamenti poco virtuosi".
Giacinti, come è nata questa iniziativa?
"Noi, penso a me e Cesetti, siamo vicini al mondo delle imprese, nel rispetto della salvaguardia ambientale. Qui chi urla meno tasse, poi ferma i servizi. Questa scelta è una risposta alle esigenze di chi ogni giorno si impegna per il bene della Regione".
r.vit.