FERMO – Ci sono regioni più attrattive di altre in Europa. Luoghi che diventano il riferimento dei giovani talenti. E tra queste, non ci sono le regioni italiane e tantomeno le Marche. La Fondazione Nord Est che ha elaborato il Regional Attractivness Index (RAI) sulla base di 26 parametri raggruppati in cinque aree. L'area di Stoccolma, seguita dall'Ile de France a Parigi e dall'Alta Baviera sono le zone in testa alla classifica.
I Paesi più attrattivi sono nell'ordine, Lussemburgo (che è un caso speciale e poco significativo), Paesi Bassi e Svezia; seguiti da Irlanda, Germania, Danimarca, Austria, Slovenia e Belgio. L'Italia è su un gradino più basso ed è caratterizzata da una forte dispersione di risultati regionali, che rispecchia il grande divario nei livelli di attrattività di talenti tra le regioni del Nord e quelle del Sud, in cui le differenze di reddito tra le due aree giocano un ruolo rilevante: il basso reddito è un fattore importante che spinge ad andarsene a cercare migliori opportunità altrove.
Tra le prime venti regioni ci sono otto tedesche e tre olandesi (Regno Unito e Svizzera non sono incluse per carenza di statistiche omogenee). A seconda del punteggio RAI, le regioni europee sono state suddivise in cinque grandi gruppi: le tre migliori (Stockholm, l'Ile-de-France e l'Oberbayern) hanno un RAI oltre 60, la seconda fascia conta 23 regioni con un RAI tra 50 e 60.
In nessuna delle due c’è un'italiana: Lombardia, Veneto, Lazio, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Provincia Autonoma di Trento, Piemonte, Liguria e Umbria (in ordine di RAI decrescente) sono in terza fascia, con RAI tra 40 e 50.
Nella quarta fascia (RAI tra 30 e 40) ci sono molte regioni della Francia, della Spagna, della Polonia e otto dell'Italia, quasi tutte del Centro-sud (Toscana, Marche, Provincia Autonoma di Bolzano, Abruzzo, Molise, Sardegna, Basilicata e Puglia). In ultima fascia ecco le rimanenti quattro italiane: Valle d'Aosta, Campania, Sicilia e Calabria.
A penalizzare l’Italia, anche il più ricco Nord-est, stando agli autori della ricerca Fano e Toschi, c’è “il basso numero di laureati rispetto alla media europea. A seguire la ridotta quota di lavoratori impiegata in settori creativi e di lavoratori della conoscenza e per la minor produzione di marchi e brevetti, quest'ultima effetto più dell'arretratezza della cultura imprenditoriale che della dimensione delle imprese”. Da migliorare le infrastrutture che non garantiscono una mobilità efficiente.