FERMO - Un anno e un mese. Per tanto, Antonio Ciucani, ha diretto, da facente funzione, il pronto soccorso del Murri. Lunedì passerà il testimone ad Alessandro Valentino, il nuovo primario che arriva da Cesena.
Ciucani, un anno e poco più coincisi con la pandemia…
«I primi mesi sono stati davvero duri. L’impatto psicologico è stato devastante. Poi, si è raggiunto una sorta di adeguamento. Ognuno ha tirato fuori delle risorse per reagire a questa situazione. La straordinarietà dell’epidemia è diventata quasi normalità. Fino al periodo stivo».
Poi che è successo?
«È subentrata un’altra criticità: la riduzione del personale. Gestire un pronto soccorso che prevede al suo interno un organico di diciannove unità mediche e invece ne annovera solo sei o sette è un’impresa titanica. L’azienda è venuta incontro a questo problema con l’esternalizzazione del servizio, appaltando turni a una cooperativa che ha fornito medici, ma è stata un’esperienza deludente».
Cioè?
«Dopo le iniziali aspettative, abbiamo riscontrato che nemmeno loro erano in grado di garantire la copertura dei turni che si erano impegnati a coprire. In più, molte volte, senza nemmeno preavvisare, ci siamo trovati privi della copertura. È stato un grandissimo problema».
Un errore ricorrere alle cooperative?
«Il medico che viene dall’esterno non è un professionista sul quale l’azienda ha investito in formazione e non risponde al direttore del reparto. È una sorta di oggetto estraneo che va per conto suo. È difficile da gestire e da inquadrare. È la conferma che alcuni servizi non possono essere esternalizzati».
Ma i medici del "pubblico" non ci sono. Come se ne esce?
«La coperta è troppo corta. Dobbiamo decidere se lasciare scoperti i piedi o la testa. È una scelta politica che qualcuno prima o poi dovrà fare. Ci sono possibilità di recuperare personale medico da altri bacini, ma questo comporta la riduzione di certi servizi a vantaggio di altri. Il pronto soccorso non può essere un servizio a cui rinunciare e non si può rinunciare alla qualità che il pronto soccorso deve garantire. Mi aspetto dall’azienda e dalla Regione interventi efficaci, risolutivi e drastici. Non possiamo pensare di continuare a gestire dei servizi di emergenza chiedendo ore di straordinario, negando ferie o cercando di tappare quotidianamente le falle».
Com’è la situazione al pronto soccorso?
«Negli ultimi giorni c’è stata una flessione di accessi Covid, che ci permette di respirare. La media è di uno o due pazienti al giorno. Ma, in parallelo, sono aumentati i pazienti no-Covid, passati dai circa cinquanta di una decina di giorni fa a circa ottanta. Sembra una specie di bilancia per cui, se da una parte le cose migliorano, dall’altra tendono un po’ a peggiorare».
Il personale come sta?
«È stressato. L’impegno fisico e psichico è molto usurante. Alcuni medici non ricevono ferie dall’estate scorsa, ma non siamo nelle condizioni di poter pensare alle ferie. C’è qualche fine settimana che qualcuno riesce a ritagliarsi, ma, se non arriva altro personale, il riposo, per il momento, deve essere cancellato, almeno nei limiti del possibile».
A dicembre una ventina tra medici e infermieri si sono ammalati nel focolaio del Murri. Che è successo?
«Qualcuno ha speculato sulla situazione, facendo passare il pronto soccorso un po’ come l’untore dell’ospedale, ma non è vero. Ci sono situazioni che sfuggono alle buone norme e alle attenzioni. Se la sono presa con il pronto soccorso e non è giusto. Abbiamo adottato le stesse precauzioni e gli stessi comportamenti della prima ondata, ma il rischio zero non esiste. La seconda e la terza ondata sono caratterizzate da una commistione di varianti che hanno modificato i sintomi, la sensibilità ai tamponi e la risposta alla terapia. Esistono variabili che, probabilmente, non conosciamo e che ci hanno trovato impreparati».
Che farà da lunedì?
«Tornerò a dirigere il 118. Il mio orizzonte è la pensione. Nel frattempo, spero di essere un valido collaboratore del nuovo primario. Avrò un carico di responsabilità diverso e una condizione mentale alleggerita. Spero anche in qualche sonno in più».