FERMO – Un primo maggio amaro per le Marche dal punto di vista del lavoro. tanti negozi aperti, con la speranza di vendere anche nel girono in cui ci si sarebbe dovuti fermare. Ma dopo mesi di zone rosse e di incertezza, tanti commercianti hanno scelto di sacrificare tempo alle famiglie per restare aperti e sperare nella voglia di normalità delle persone. Le incredibili file fuori dalle gelaterie, i tanti locali della spiaggia pieni di clienti, la montagna scelta da molti anche se il tempo non ha proprio aiutato. Ma le Marche restano anche la regione delle grandi crisi industriali, Whirlpool ed Elica su tutti, per non parlare delle difficoltò del distretto calzaturiero.
La regione a guida di Francesco Acquaroli, che dall’economia viene, ha mandato messaggi precisi. Il primo con il presidente del consiglio regionale, Dino Latini: “Ci sono troppe ferite aperte nella nostra Regione, tutti quelli che sono senza lavoro, che equivale a essere senza dignità di persona. Troppo poco e troppo superficialmente affrontiamo, e quasi mai con il dovuto coraggio, la questione di dare un'occupazione stabile a chi la sta cercando - ammonisce -. Non è un percorso irreversibile quello dell'uscita anzitempo dal lavoro, degli anni di cassa integrazione. E pensiamo a molti giovani che neppure hanno entrambe le possibilità”.
Secondo il presidente uno dei problemi è quello di essersi abituati al fatto che «così vanno le cose, per l'economia su scala globale, le dinamiche economiche, la straordinaria trasformazione dei luoghi di lavoro, delle modalità produttive, che travolgono tutti nell'onda di un diverso sistema in cui l'occupazione nei nostri territori diminuisce sempre di più. Si è dei perdenti - sottolinea - se si pensa che non sia possibile fare nulla per cambiare. Dobbiamo osare, altrimenti la diseguaglianza, che la pandemia ha allargato fra garantiti e non garantiti, ci porterà a scontri sociali tra chi chiede giustizia e sopravvivenza e chi non sente la necessità di condividere con gli altri le sue prerogative. Il nostro pensiero va oggi ai lavoratori, alle loro vite di sacrifici, alle persone che chiedono lavoro, ai giovani che desiderano occupazione”.
Mentre il presidente parlava, una delegazione dei 560 dipendenti di Elica, leader mondiale nella produzione di cappe aspiranti, è in presidio davanti alla sede del gruppo “a difesa di ciò che questa azienda ha sempre rappresentato per la collettività del fabrianese e contro le scelte di un gruppo di manager che ne sta invece distruggendo i valori e la storia e che dobbiamo in tutti i modi provare a fermare".
Nelle scorse settimane, l'azienda ha presentato un piano industriale che prevede la chiusura dello stabilimento di Cerreto d'Esi e la delocalizzazione in Polonia del 70% delle produzioni attualmente realizzate nel distretto di Fabriano, con la previsione di 409 esuberi.
A questo si aggiunge la procedura di mobilità per i 537 lavoratori della Indelfab, ex JP Industries: 275 dello stabilimento di Santa Maria di Fabriano e 262 di quello umbro di Gaifana, coperti dagli ammortizzatori sociali fino al prossimo 15 novembre. (foto Ansa.it)