di Francesca Pasquali
FERMO – “Forse chi critica non ha capito la gravità della situazione che stiamo vivendo. Dovevamo ridurre la mobilità. Il mio impegno affinché lo stop sia il più breve possibile e ad aumentare gli aiuti alla categoria, cominciando dai più deboli” sottolinea il ministro Dario Franceschini commentando la chiusura di cinema e teatri.
Sui social circola un’immagine che, in queste ore, in tanti stanno condividendo. Sopra ci sono dei numeri. Quelli (347.262) che, da giugno, cioè da quando sono stati autorizzati gli spettacoli dal vivo, hanno comprato almeno un biglietto. Nella riga sotto c’è un altro numero (1), che è quello delle persone che si sono contagiate partecipando a uno di questi spettacoli.
I dati sono dei sindacati di categoria. Sono stati diffusi per dimostrare che, di chiudere cinema e teatri, per loro, non c’era proprio bisogno. E, invece, la doccia fredda, che comunque era nell’aria, è arrivata lo stesso. Col Dpcm di ieri. In settimana, gli operatori del settore proveranno a far cambiare idea al governo. Hanno ottenuto un incontro col ministro Franceschini. Ma le speranze sono ridotte al lumicino, considerando le prime parole del ministro.
«Non credo che torneranno indietro, ma non capisco questo accanimento. Si stanno usando due pesi e due misure: teatri e cinema chiusi e centri commerciali aperti». A parlare è Maja Matic, direttrice artistica delle stagioni teatrali di Amandola, Rapagnano e Monterubbiano. Tre teatri che, negli, ultimi anni, sono tornati a vivere, ai quali, quest’anno, se ne sarebbe aggiunto un quarto. Il nome, per scaramanzia, Matic non lo fa. Dice, però, che la programmazione era pronta e che, sul palco, sarebbero dovuti salire «personaggi noti al grande pubblico del teatro e del cinema».
«Invece – spiega – siamo in standby fino ad anno nuovo». «È un momento molto triste – prosegue – avevamo voglia di riprendere in mano qualcosa per Natale, per dare una parvenza di normalità. Invece, non possiamo neanche programmare. Ci hanno tolto anche il sogno».
La serrata forzata di cinema e teatri è tra le misure anti-contagio più discusse del nuovo decreto. L’aver relegato il mondo della cultura tra le «attività non essenziali», agli addetti del settore, però, proprio non sta andando giù. «È vergognoso, ma il popolo ignorante è molto più facile da manovrare», sintetizza Matic.
Sulla stessa linea Manu Latini che, negli ultimi anni, ha organizzato le stagioni teatrali di diversi Comuni della media Valtenna, sperimentando, finché il Covid gliel’ha consentito, anche la programmazione di rete. «Il momento è drammatico. Critiche e polemiche – le sue parole – in questo momento vanno rinviate, ma è gravissimo che arte e cultura vengano considerate non fondamentali. Accettare di essere ritenuti superflui è molto difficile».
Perché, il senso del discorso, arte e cultura fanno bene allo spirito e «ci hanno permesso di risollevarci in tanti momenti difficili della storia. Rispettando le regole – spiega Latini –, si può e si deve andare avanti. Ci è stato detto che dobbiamo convivere con questo mostro, ma convivere significa continuare a vivere. Abbiamo provato a inquadrare l’arte, che è meravigliosamente astratta, in regole e protocolli, ma, così, faranno cadere anche gli ultimi baluardi che stanno provando a resistere».
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