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Pitti Uomo, i buyer hanno voglia di moda, anche i tedeschi. Sneakers e moribodo cuoio, i fermani reggono. Fay punta l'America

17 Giugno 2024

di Raffaele Vitali

Il sistema moda ha voglia di fiere, questo dicono i numeri e i commenti a margine del Pitti Uomo, il salone che anticipa i tempi presentando le collezioni del 2025. E anche Riva del Garda, in corso, sta andando bene, parlando a un target ovviamente diverso. Da un lato il fashion che tende al lusso, dall’altro il segmento medio, tendente al low cost, che fa grandi numeri.

Il 2023 era stato un anno record, nel 2024 il segnale positivo arriva dai compratori esteri che registrano una lieve crescita, raggiungendo le 5.300 unità sui 15mila visitatori totali. “La conferma dei buyers internazionali - quelli che fanno il mercato e indicano la direzione sono indicatori importanti per gli espositori, danno fiducia e prospettiva” sottolineano i  vertici del Pitti.

Chi non si è visto è il buyer italiano, in calo del 7%, “ma non possiamo stupirci perché hanno chiuso tanti negozi e i consumi interni sono fermi”. La speranza è riposta nel 2025, sempre se si ridurranno le tensioni geopolitiche.

“La qualità delle presenze è alta – prosegue Raffaello Napoleone, amministratore delegato di Pitti Immagine – perché sono venuti quelli che davvero hanno intenzione di comperare, dai negozi ai department stores mondiali. Da rimarcare quindi, al di là della conferma di Francia, Stati Uniti e UK, la crescita dell’Europa centro settentrionale con la Germania, mercato cardine e da tempo in recessione, che mostra un aumento del 15%”. E questo lascia un senso di positività nei calzaturieri fermani.

Che si sono fatti trovare pronti. A cominciare da Franceschetti, come spiega Arturo Venanzi: “Abbiamo presentano una scarpa estiva, con volumi molto leggeri, andando oltre la gomma, sempre partendo da pelli di qualità, che deve garantire la morbidezza”.

Tre modelli dominano gli spazi, dalla slip on che veste come una sneakers raffinata grazie al fussbett interno che aumenta la comodità, la runner in maglia e camoscio con fondo Vibram molto leggero, che rende la scarpa performante seppur più costosa. “Per il nostro mercato però il prezzo è relativo”.

La fiera? “Serve sempre, per confrontarsi, per stringere relazioni, per incrociarsi. Non è un periodo facile, ma si resiste, consapevoli che se non hai qualche collaborazione, in articolare i private label, con il proprio marchio resistere è sempre più difficile. Noi dobbiamo garantire lo stipendio a 40 dipendenti e coprire i costi fissi, showroom inclusi, a fronte di un quadro mondiale complesso” prosegue Venanzi riposizionando in vetrina il capretto scamosciato del classico mocassino che è il vero modello che non passa mai di moda. “oggi si passa dal mocassino ala sneakers o a un’informale di qualità”.

Quella qualità che salendo di un piano dentro la Fortezza da Basso garantisce Alexander Hotto, il brand che con Prima Base riempie le manovie della Gal.Men di Giampietro Melchiorri. “La risposta dei buyer sulla collezione è buona.  Questo Pitti è utile per aprire nuovi canali. Dopo alcune edizioni che passava e osservava, un grosso cliente si è fermato e presa la scarpa in mano, conquistato dalla pelle, dalla lavorazione e dalla nuova scuola estremamente morbida che unisce gomma e cuoio, ci ha dato appuntamento a Milano nei prossimi giorni. E così altri. Questo conferma la necessità di esserci e di non fermare gli investimenti. Vale anche per Primabase che con l’indiano attira i visitatori”.

Infine, Fay, il brandi di vestiti di Della Valle che al Pitti ha presentato la linea Archive, “che è il lato romantico” e anche quella di Fay, che è il brand madre. “Il progetto partito nel 2019 con Alessandro Squarzi ha funzionato e ora – racconta Michele Lupi, da anni volto, narratore e tester del progetto Fay Archive - proseguiamo con Maurizio Donadi con l’obiettivo di sottolineare le origini del brand americano comprato da Della Valle nel 1987 in Massachusetts. Ora è tutto made in Italy e unisce la parte di origine Usa al gusto italiano. Con Donadi siamo andati in Giappone, girandolo per 15 giorni al nord in mezzo al gelo”.

Il cambiamento c’è: “Abbiamo tentato di trovare un elemento che unisce le due anime di Fay e abbiamo alleggerito i tessuti, lavorando sui lavaggi che danno un aspetto vissuto. Il bello è che partendo da un marchio americano si arriva poi alla caratteristica italiana. Il cliente classico è l’avvocato di Milano e di ogni angolo d’Italia per Fay, mentre Fay Archive si sta affermando tra i più giovani.

E per questo i numeri sono buoni, si cresce”. Un po’ ovunque, ma Fay resta ancora un brand italiano. “Grazie alla presenza di Donadi che vive a Los Angeles stiamo pensando di aprirci agli Stati Uniti, sapendo anche della rete che Tod’s da tempo già ha affermato. Di certo Fay Archive è un progetto adatto all’estero, tanto che arrivano le richieste da Giappone e Corea che verranno affrontate anche con i nuovi partner del fondo entrato nel gruppo guidato dai Della Valle” conclude.

Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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