di Francesca Pasquali
MONTEGIORGIO Niente festa per l’Anffas Fermana, che quest’anno compie
dieci anni. Il Covid non solo ha tarpato le ali agli eventi che
l’associazione che si occupa di ragazzi con disabilità intellettive
avrebbe voluto organizzare, ma ha anche stoppato le attività che tanto
bene fanno a questi giovani speciali. Dopo l’estate erano riprese. Poi
è arrivata la seconda ondata. L’associazione guidata da Fortunato
Cutini, però, non si ferma. Pur con tutte le limitazioni della
pandemia, nella sede dell’ex scuola di Monteverde, una decina ragazzi,
divisi in gruppetti, si ritrovano quasi tutti i giorni.
Presidente, di nuovo in sede.
«Appena è stato possibile, siamo ripartiti, dopo aver predisposto i
piani di sicurezza e anti-Covid. Durante il lockdown, da aprile a
luglio, abbiamo attivato uno dei primi progetti online. Incontri
virtuali, tre volte a settimana, con la collaborazione dei genitori,
per raccontare storie e fare cruciverba insieme. Un modo per mantenere
un contatto, per dare ai ragazzi un riferimento».
Ha funzionato?
«Sì, ma non era la stessa cosa che vedersi di persona».
Cos’è cambiato adesso?
«I laboratori li facciamo in piccoli gruppi, di solito tre ragazzi e
uno, massimo due, operatori. Ci ritroviamo tutti i pomeriggi, con
alcuni ragazzi anche una mattina a settimana. Il laboratorio di cucina
lo facciamo tre volte a settimana».
Il vostro pezzo forte…
«È una bella esperienza. Per i ragazzi è importante perché imparano a
essere autonomi. Decidono loro quello che vogliono mangiare e lo
cuciniamo insieme. Prima andavano anche a fare la spesa. Adesso non
più perché non a tutti si riesce a far portare la mascherina. Vanno
gli operatori, poi cuciniamo».
Com’è stato ripartire?
«Abbiamo preso tutte le precauzioni. Fatto i test sierologici a tutti.
Adesso, stiamo pensando di fare i tamponi rapidi. All’entrata, abbiamo
organizzato un triage per misurare la temperatura. L’ingresso è
consentito solo ai ragazzi e agli operatori. Le famiglie sono molto
attente. Quando un ragazzo è raffreddato, non lo mandano. Qualcuna,
per paura, ha deciso di tenere i figli a casa».
E organizzare le attività in tempo di Covid?
«Quando siamo ripartiti, abbiamo fatto degli incontri per far capire a
tutti le regole da seguire. I ragazzi le rispettano, forse più degli
altri».
A cosa avete dovuto rinunciare?
«Agli incontri in gruppi più numerosi, alle feste con la musica, alle
uscite con “Il club dei ragazzi”. Tutte occasioni per stare insieme.
Quest’anno sono dieci anni dalla fondazione dell’associazione. Avremmo
voluto festeggiare come si deve, ma non abbiamo potuto fare niente.
Per non parlare dei progetti che dobbiamo portate avanti in forma
limitata».
Tipo?
«La serra che l’anno scorso abbiamo realizzato a Monteverde dove c’era
una gancia da bocce non più funzionante. Abbiamo circa seicento
piantine aromatiche che avremmo voluto portare ai mercatini. Ma sono
sospesi, come gli altri eventi. A maggio le abbiamo regalate a chi ci
ha donato il Cinque per mille, insieme alle magliette dipinte dai
ragazzi».
Quelle che si vedevano sui banchetti dei paesi.
«Le facevamo durante il laboratorio artistico. Dall’anno scorso,
abbiamo cominciato a realizzare delle tovagliette come bomboniere,
sempre con disegni fatti a mano. Avevamo un paio di ordini di circa
quattrocento pezzi, ma sono state interrotte le cerimonie. Una coppia,
però, si è sposata ad agosto e siamo riusciti a consegnarle».
I ragazzi come vivono questo periodo?
«Sono contenti di potersi rivedere. Ogni volta che mi vedono mi
chiedono quando torneremo a fare festa. Rispondo: “Speriamo presto”».
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