Ridateci i bar, le piazze, gli ascensori. Ridateceli e toglieteci la piazza virtuale. Fatelo, è fondamentale, bisogna ridare alle persone la consapevolezza dell’uso delle parole. La violenza verbale, il pensiero senza riflessione, il webete che è in noi è ormai fuori controllo.
Lo diciamo e lo scriviamo troppe volte. E questo significa che il fenomeno è ormai fuori controllo. Tutto, troppo, diventa occasione di insulto, di sfogo, di razzismo. Eh sì, chiamiamolo con il suo nome il modo di leggere la realtà, la cronaca. Innegabile che a girare con un machete fosse un uomo di colore. In questo caso non un dettaglio omettibile, perché era importante per le persone sapere anche da chi guardarsi, visto che per ore ha girato per la città.
Ma l’odio verso l’altro si è di nuovo propagato come una macchia d’olio in mezzo a una fontana, anche se la dimensione a volte sembra quella del mare. Tutti cecchini, tutti tagliatori di teste, tutti violenti giustizieri e accusatori senza sosta della politica dell’accoglienza.
A nulla valeva sapere che quell’uomo era già stato espulso, ma il sistema non è in grado di completare quanto deciso dalla giustizia, che non c'entrava nulla con cooperative, centri, chiese e quant’altro tirato in ballo dalla piazza virtuale. La ‘caccia al negro’ è sempre di moda. Eh sì, siamo razzisti, anche senza saperlo, anche solo per difesa, direbbe qualcuno, perché in tanti hanno pensato che davanti a quell’uomo ci potesse essere il proprio figlio o un conoscente.
Paura che provoca reazioni incontrollate? Troppo facile giustificare tutto così. Rileggendo i commenti sotto i vari articoli inquieta e dovrebbe far riflettere a chi vorrebbe liberalizzare le armi ma dimentica troppo spesso che in questo momento, in Italia, non è più ben chiaro il confine tra giustizia e violenza.
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