di Raffaele Vitali
PESARO – Brutta sconfitta per Pesaro nel giorno del ricordo del leader indimenticato dell’inferno Biancorosso, Marco Piccoli. Brutta perché frutto di una prestazione priva di grinta che ha messo in luce le lacune della Carpegna Prosciutto, ma soprattutto la perfetta preparazione del match da parte dello staff di Napoli che conta di un assistente fuori dal comune come Cesare Pancotto.
Partita difficile. Napoli è una squadra strana. Non ha chili, ma ha centimetri e soprattutto tanto atletismo. Questo significa che in campo i giocatori corrono. E lo fanno da entrambi i lati del campo. La Carpegna Prosciutto alterna qualità a vuoti cosmici. L’inizio è difficile, più che altro perché la squadra di Milicic non sbaglia mai (8-15).
Ma anche i migliori ingranaggi si possono inceppare e così un riposato Ford, mandato a dormire in albergo per dargli qualche ora di tregua dal figlio da poco nato, mette la tripla del sorpasso. il pubblico, quasi seimila sugli spalti, comincia a pensare che vedrà una di quelle gare piene di canestri, ma i quattro minuti successivi a cavallo tra i due quarti sono inguardabili. Errori, forzature, palle perse e soprattutto zero circolazione. Eppure Pesaro resta avanti, fino al canestro di McCallum, che si conferma poco lucido sotto pressione (31-26).
Quello del play che ama palleggiare è l’ultimo flash della VL. Da questo momento Buscaglia ha di fronte una squadra diversa, che non difende, ha fretta in attacco e si concede ai contropiedi delle schegge di Milicic, che incassano gli applausi dell’assistente più vincente d’Italia, Cesare Pancotto. Jaworski è implacabile dalla lunga distanza, Owens si traveste da Anthony Davis e in un amen arriva il break di 17 a 0 che solo a pensarlo sarebbe stato incredibile.
Anche perché Napoli non fa nulla di speciale, se non mandare in confusione l’attacco di Pesaro con un pressing asfissiante, non a tutto campo, ma nella sua metà. Alterna minuti di zona a raddoppi continui su chi ha la palla in mano. Una difesa che richiede fatica e concentrazione e Milicic ottiene quello che chiede ruotando i suoi uomini.
Se vogliamo, è proprio la rotazione che invece nei primi due quarti non ha funzionato aa Buscaglia. Chi si alza dalla panchina non impatta subito, anzi finisce per fare danni. Vedi i cinque minuti di secondo quarto di Tambone che colpisce solo ferri. Si spiega così il meno dieci all’intervallo, che può cambiare solo in un modo: facendo canestro. Anche perché 2/13 da tre punti non si vede più neppure in Promozione, soprattutto quando sono buoni tiri come quelli presi quasi sempre da Pesaro.
Coach Buscaglia deve aver ricordato ai suoi nell’intervallo il senso del gioco, visto che in due minuti segnano più triple che nei primi due quarti. Il problema è l’improvviso ‘minimo’ vantaggio di sei punti che fa alterare Milicic che con un time out infuocato rimette le cose a posto. Siccome il basket è uno sport semplice, se tu tiri e sbagli da tre punti, vedi Visconti, e il tuo uomo dall’altra parte segna, Jaworski che pescato dalla seconda serie spagnola è devastante (55-74).
Possibile che nessuno dello staff pesarese avesse studiato questa possibilità? Saper leggere il match e cambiarlo in corsa è compito dell’allenatore, che non si può permettere due triple di Zubcic, un due metri e dieci, che tira da tre punti senza nessuno davanti. Così come non è accettabile quanto visto nel quarto decisivo, dopo un terzo in cui Totè ha preso un tiro per altro sbagliato.
Una squadra che non difende è una squadra che non rispetta il pubblico. Si può andare in difficoltà, si può incappare nella giornata storta e in un allenatore che ha cancellato il tuo uomo migliore, Bamforth, dal campo e limitato i passaggi al lungo più dominante, Totè. Ma non si possono subire tre schiacciate di fila con aggiunta di super stoppata subita di Visconti. Il tutto tra l’altro dopo un time out.
Pesaro segna solo su tap in di Totè o appoggi vicino al ferro di un voglioso e confusionario Mockevicius, almeno fino a quando la partita ha un senso. Non ha nulla dai suoi piccoli la squadra del presidente Costa. Il finale è amarissimo, i tifosi iniziano a lasciare il palazzo quando ancora mancano quattro minuti (69-90). L’unico sussulto al pubblico pesarese lo regala Milicic chiamando un time out poco rispettoso a 2 minuti dalla fine sul +22.
Come si possa passare da un blitz a Milano a una prestazione così impalpabile (77-97) è il mistero che dovrà svelare Buscaglia per evitare che si ripeta ancora. Anche perché i fischi non piacciono a nessuno, tantomeno in casa, che al momento è terra di conquista.