MONTEGRANARO – Non è il made in, non è la certezza di produzione, ma potrebbe essere un nuovo step di certo a tutela del consumatore.
La moda è in cerca del miglior sistema per riconoscere se un prodotto è sostenibile o meno, se c’è o meno l’attenzione al dettaglio naturale. La novità si chiama Dpp, 'digital product passport', uno strumento che mira a creare una vera tracciabilità e trasparenza di filiera.
Il Dpp è una sorta di passaporto digitale che fornisce informazioni su ogni prodotto, tutto il suo viaggio commerciale dai materiali usati alla produzione, e può aiutare i consumatori a fare scelte sostenibili. Il tema è stato al centro oggi del convegno promosso durante e-P Summit, il convegno su moda, lusso e tecnologie organizzato da Pitti Immagine.
È quanto chiede l’Europa e molti brand di moda hanno già intrapreso questa strada, proponendo prodotti 'connessi’, anticipando così la legislazione che renderà obbligatorio il passaporto. “Il Dpp porterà un grosso impatto sul processo che riguarda la condivisione delle informazioni in tempo reale. Ma - commenta Augusto Rosi, operations manager di Max Mara – se aiuterà ad avere un linguaggio comune, vanno aiutate le piccole realtà per agevolare questo processo di integrazione”.
Servono tempo e risorse. Aggiunge il Ceo di Florence, Attila Kiss: “Un prodotto finito per arrivare in show-room può essere toccato da tantissime aziende, chi taglia, stira, stampa, mette insieme il prodotto. È molto complesso. È per questo che è difficile raccogliere i dati. La sfida è capire quali dati devono essere dentro il passaporto, ma anche come procurarsi i dati”.
r.vit.