PESARO – Lo specchio si è rotto. I giocatori di Pesaro ormai dovrebbero averlo capito, non c’è più niente di bello da guardare dall’altra parte.
Sei sconfitte nelle ultime sette giornate. Che poi non sarebbe neppure quello il problema, un paio di ko a parte. È il modo in cui la Carpegna Prosciutto perde. Fioccano trentelli, l’ultimo a Milano contro l'Armani di coch Messina dove Moretti e compagni si ritrovano tra le mani un pallone di cioccolata amarissima.
La partita contro l’Armani non è nei cinque, diciamo anche dieci, minuti inziali. Non è veritiero il + 10, 6-16, di Pesaro, frutto di percentuali siderali. Ma non si può neppure credere che la Vuelle sia quella squadra molle, priva di grinta che ha caratterizzato il secondo, decisivo, quarto in cui i biancorossi non hanno segnato per cinque minuti e che in tutto il periodo hanno fatto solo tre canestri (31-9).
E quindi? Si è rotto qualcosa. Non è una questione tecnica e per questo qualcuno deve spiegare. O c’è un enorme problema fisico, con le gambe che non rispondono più alle indicazioni della testa, o i giocatori hanno deciso che la stagione è terminata.
Quello che caratterizzava la squadra del presidente Costa nella prima parte di stagione erano bel gioco in attacco, con chiarezza di priorità e certezza di movimenti, e una difesa capace di impensierire anche i migliori talenti.
Il girone di ritorno, Daye è un capitolo a parte, mette in mostra una squadra che non difende: ha subito una media di 100 punti, lasciando ai padroni di casa il 70% da due punti. Cosa ancora più grave, e qui c’è la responsabilità diretta dell’allenatore, in questo filotto di ko ha perso anche gli scontri diretti che hanno annullato le grandi prestazioni del girone di andata, vedi sfida con Brindisi.
A livello di attacco, contro Milano è stata confermata la difficoltà nell’inserire Daye nei giochi. L’unico canestro decente l’americano lo ha realizzato una volta servito spalle a canestro quasi a centro area. Da lì, girandosi, può solo segnare visto che tira sulla testa di tutti. Non ha invece senso vederlo partire in palleggio per perdersi tra tre difensori milanesi. Che è quanto successo a un paio di minuti dalla fine, fotografia finale di un disastro totale.
Non è comprensibile che Repesa continui provare Abdur-Rahkman da playmaker, visto che la guardia oltre a essere in confusione offensiva non ha più serenità nel playmaking. E infine, non infierendo sull’involuzione di Kravic, a cui però non si possono passare palloni schiacciati ad altezza caviglie come fa Tambone, che è un altro avulso dal gioco, c’è Visconti, che è arrivato a Pesaro con una qualità, il tiro da tre, e che oggi invece vuole fare tutto dimenticando così quel che di buono può dare. E con lui e Tambone imprecisi, viene meno quel potenziale che Repesa trovava in panchina.
Caos senza nervosismo è quello che si vive nello spogliatoio. Per fortuna, almeno. Ma chi la rianima la squadra in queste condizioni? Il coach? In settimana ha detto che non molla. Lo faccia capire con il linguaggio del corpo e con la gestione tecnica, perché le parole, ora che si è ufficialmente fuori dalla zona playoff, non bastano più. Il calendario offre più di una chance alla Carpegna Prosciutto, visto che affronta una sola squadra che la precede in classifica.
La dirigenza i play off li vuole, la squadra tecnicamente se li può anche permettere: tre gare in casa e due in trasferta abbordabili. Ma serve organizzazione e quella solo gli allenamenti in settimana, che ora si fanno in dieci e non più i sette, la può garantire.