Se si accende la televisione, ecco il premier Conte e poi a rullo i ministri di alcuni settori chiave: Economia, Lavoro, Infrastrutture, Sanità e qualche volta Istruzione. E così aprendo i quotidiani nazionali dove tra fiumi di inchiostro sappiamo tutto su casse integrazioni, posti letto, ristori e orari del coprifuoco.
Un lungo elenco, tutto sommato ricco. Ma con un paio di buchi. Il primo è che da settimane è scomparso il ministro allo Sviluppo Economico, quello che dovrebbe dentro il Governo portare la visione del domani, le politiche attive e no passive nel campo del lavoro e del futuro. Ma ancora di più, chi non appare mai in televisione, e se non vieni chiamato in uno dei tanti talk show serali non esisti neppure come tematica, è Dario Franceschini.
Sarebbe il ministro alla Cultura e al Turismo. Se comprensibilmente sul turismo c’è una enorme incognita mondiale, sulla Cultura c’è una netta volontà politica di disattenzione. Discussioni infinite sui ristoranti, sui bar, sui metri quadri dentro un negozio di abbigliamento. Ma nulla su un museo. Parigi li riaprirà il 15 dicembre, del resto se si fa di tutto per favorire lo shopping, perché non riempiere cuori e occhi anche di bellezza. Al Pompidou puntano su Matisse, al Louvre, dopo le visite riservate da 10mila euro a ingresso, tornerà protagonista la Gioconda.
E in Italia? Niente. Non un Licini, non un Rubens o un Crivelli. Disinteresse per l’arte, per chi ci lavora, per chi ci gravita attorno, per chi dovrebbe staccarsi da una televisione e viaggiare con la mente. Ma del resto, la Francia è anche il Paese che ha lasciato aperte tutte le scuole, escluse le Università. Perché la pancia piena fa bene, ma la testa vuota, alla lunga, fa molti più danni.
Dalla casa di Licini, dove una incredibile mostra con pezzi mai visti prima è senza pubblico, al Palazzo dei Priori, dal museo archeologico di Belmonte Piceno a quello delle calzature di Sant’Elpidio a Mare, le sale sono pronte, pulite, ampie e addirittura, nel caso il ministro Franceschini non lo sapesse, si entra con un biglietto, perfino prenotandosi e con tanto di mascherina. Cosa c’è di più sicuro?
Comunque, se proprio serve anche la pancia, chi va in un museo poi di solito prende un caffè, una pizzetta, addirittura va a pranzo. Per cui, pancia piena e mente attiva si può. Ma non interessa al ministro, non interessa ai presidenti di Regione, non interessa ai sindacati e a quanto pare interessa poco anche ai sindaci: nessuno parla, nessuno alza la voce, nessuno accende una luce dentro un museo: con la cultura in Italia non si mangia.