FERMO - Verdure, uva, olive e frutti rossi. Nascono e crescono nei pezzi di terra lavorati dai detenuti marchigiani.
Si chiamano orti sociali e servono a favorire la reintegrazione dei carcerati e a insegnargli un lavoro per quando usciranno. Per ora, ce ne sono ad Ancona e Ascoli, ma sarebbe bello se il progetto a sei mani di Regione, Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria per l’Emilia-Romagna e le Marche e Assam arrivasse anche a Fermo, dove il carcere, da anni, organizza attività rieducative e corsi professionalizzanti.
In attesa che qualcuno raccolga il sasso, stamattina in Regione è stato firmato il nuovo protocollo d’intesa, valido da qui al 2023. L’obiettivo – è stato spiegato – «è aumentare il numero delle strutture penitenziarie coinvolte nei progetti agricoli formativi e riabilitativi, con l’inserimento della casa detentiva di Pesaro e l’ampliamento delle attività zootecniche a Barcaglione di Ancona». Il protocollo prevede anche l’avvio delle attività previste per Monteacuto (Ancona) e di continuare quelle del carcere di Ascoli. Fermo, al momento, sarebbe fuori dai radar. «Sono progetti che offrono dignità e prospettive sociali alle persone coinvolte», ha spiegato l’assessore all’Agricoltura, Mirco Carloni.
«Chi sconta una pena detentiva – ha aggiunto – deve avere una formazione e possibilità lavorative. Su questi parametri si misura il nostro livello di civiltà». Una collaborazione decennale, quella tra Regione e Provveditorato.
Per il provveditore Gloria Manzelli «l’obiettivo, condiviso e comune, è la risocializzazione dei detenuti, ai quali offriamo una scelta di non recidiva, di vita diversa. Non costruiamo cattedrali nel deserto. Produciamo prodotti di eccellenza legati al territorio marchigiano, altamente concorrenziali sul mercato. Non cerchiamo vie agevolate, ma puntiamo a imporci con la qualità delle produzioni, convinti che l’impegno sociale e l’aspetto economico facciano la differenza».
Francesca Pasquali