FERMO - Assolto dall'accusa di diffamazione aggravata. Si conclude così in Cassazione il processo contro Massimo Rossi, uno dei promotori del Comitato 5 luglio, nato per difendere i diritti di Emmanuel Chidi Nambi, morto il 5 luglio del 2016.
Secondo l'accusa al tempo Rossi avrebbe offeso la reputazione della Bachetti, pubblicando un post su Facebook, in cui la definiva improbabile testimone, sostanzialmente accusandola di aver reso false dichiarazioni per ragioni di discriminazione razziale. Dopo le condanne del Tribunale di Ascoli Piceno (in primo grado) e della Corte di Appello di Ancona (in secondo), la sentenza è stata dunque ribaltata.
"La Cassazione ha definitivamente cancellato le due precedenti condanne emesse nei miei confront e ha riconosciuto che come esponente politico istituzionale avessi il diritto di commentare una versione dell’omicidio razzista del giovane nigeriano Emmanuel Chidi Nambdi avvenuto a Fermo il 5 luglio del 2016 che non potevo considerare accettabile - ha commentato lo stesso Rossi in una nota -
Dunque, la quinta sezione della Suprema Corte di Cassazione ha sancito che non fossi un diffamatore ma che avessi solo legittimamente espresso il mio diritto di critica politica nell'ambito della personale libertà di espressione del pensiero e ha annullato la precedente sentenza di condanna per diffamazione ed il risarcimento dei danni alla Parte civile, pronunciata nel primo grado di giudizio e confermata nei miei confronti dalla Corte di Appello di Ancona nel Febbraio del 2023. Finalmente dopo anni di giudizio è stato riconosciuto ciò che ho sempre affermato, ovvero che nella mia presa di posizione pubblica non vi fosse alcun intento diffamatorio nei confronti della testimone querelante, ed oggi, oltre al mio tanto auspicato riscatto morale, dovranno finalmente cessare le strumentalizzazioni che da sette anni sono state fatte di questa tristissima storia, prima ai danni del povero ragazzo ucciso e poi del sottoscritto".
Rossi, che parla di “resistenza democratica”, ha dunque ringraziato l'avvocato Cristina Perozzi, "e a tutti coloro che in questi anni mi sono stati vicino, mai dubitando della mia innocenza".