di Francesca Pasquali
FERMO - Le vaccinazioni che procedono. I centri periferici che non chiuderanno. Il robot chirurgico che forse andrà al “Murri” o forse no. Il nuovo direttore dell’Area vasta 4 che arriverà per l’estate. Gli operatori sanitari “no vax” che non dovrebbero esserci. Le riaperture che fanno paura. Le strutture sanitarie da rivedere. La responsabilità che dovrebbe guidarci tutti, perché «il Covid non finirà quest’anno». È arrivata da quasi un mese in via Zeppilli, Nadia Storti. La direttrice dell’Asur Marche, facente funzione dell’Av4, fa il punto sulla sanità fermana. Con un occhio all’estate che s’avvicina.
Dottoressa, riaperture e coprifuoco, forse, fino a mezzanotte. Che ne pensa?
«Sono un po’ timorosa, perché abbiamo visto quello che è successo le volte precedenti. Questo è un momento molto particolare, perché, nella nostra regione, abbiamo una percentuale di vaccinati abbastanza alta, soprattutto come prime dosi, oltre agli immunizzati perché hanno avuto la malattia. Dovremmo essere attenti, approfittare del caldo che verrà e continuare a usare i dispositivi di protezione. Perché il Covid non finirà quest’anno. Dovremo conviverci ancora per diversi anni. Perciò è essenziale che le persone capiscano che non è vero che il Covid non esiste, che si muore di Covid e che la malattia è molto grave. Dobbiamo rispettare il nostro prossimo. È l’unica soluzione che, insieme ai vaccini, ci porterà fuori».
Come procede la vaccinazione nel fermano?
«È molto costruttiva, con un buon livello di gestione e una copertura vaccinale molto elevata. Abbiamo vaccinato tutti gli over 80. È rimasto solo un piccolo numero di anziani a domicilio, in genere gestito dai medici di medicina generale, che stiamo aiutando laddove hanno difficoltà a raggiungerli. Abbiamo raggiunto una percentuale molto elevata per la popolazione 70-79 e iniziato da poco la fascia 65-69, perché abbiamo tenuto i vaccini arrivati per le seconde dosi. Alcuni stanno slittando, ma senza creare disagi, perché li richiamiamo. Abbiamo un centro, a Fermo, dove vacciniamo con il nostro personale e ambulatori vaccinali di prossimità, importanti perché vicini agli anziani che evitano, così, di spostarsi».
Che ne sarà dei centri periferici con l’abbassarsi dell’età dei vaccinati?
«Non sono per la chiusura, ma per un ulteriore sviluppo. Questa campagna vaccinale non finirà qui. Probabilmente, nei prossimi anni sarà necessario un ulteriore richiamo, magari associato con l’antinfluenzale. È importante che la macchina organizzativa che è stata messa in piedi non venga abbandonata, perché la vaccinazione è efficace se viene fatta il più rapidamente possibile e in tempi stretti. Più personale lavora, meglio è».
Che farete con quello che non vuole vaccinarsi?
«Stiamo aspettando indicazioni. So che c’è una piccola necessità di chiarimento a livello nazionale. Intanto, abbiamo fatto l’elenco di tutti i vaccinati e attenzioniamo il rispetto delle norme di sicurezza, in modo che anche il non vaccinato non faccia danno a sé e agli altri. Penso che un operatore sanitario non dovrebbe aver bisogno dell’obbligatorietà. Da un punto di vista di etica e rispetto per sé, i propri familiari e i pazienti, bisogna che si vaccini. Dev’essere una scelta deontologica».
Quando si saprà il nome del successore di Livio Livini?
«Per l’estate. La prossima settimana scade la presentazione delle domande, dopodiché ci sarà la valutazione dei titoli e poi la scelta della terna tra cui la Regione deciderà. L’importante è che il nuovo direttore sia un professionista bravo e che abbia a cuore il lavoro che fa, indipendentemente dal territorio di provenienza».
Com’è la situazione al “Murri”?
«Da maggio, abbiamo iniziato ad aumentare le sedute operatorie non solo per gli interventi in urgenza ed emergenza, ma anche per l’attività chirurgica programmata. Se ancora non siamo al completo con le sedute è perché l’Area vasta 4 è punto di riferimento di Malattie infettive di tutta l’Asur e deve ancora mantenere dei posti letto di Terapia intensiva e perché la normativa sul distanziamento dei posti letto ci ha portato ad averne un numero inferiore e, quindi, a ridurre gli interventi».
Si vocifera che il robot chirurgico “promesso” al “Murri” finirà ad Ascoli. È così?
«Non dico né Fermo, né Ascoli, né Macerata. Il robot si mette dove serve, dove ci sono i professionisti in grado di farlo funzionare. Perché non è un premio, ma un modo di operare che accelera l’intervento e permette di guarire prima. Potrebbe essere un robot o sistemi di service che possono essere messi in più ospedali. Ci stiamo ragionando. Oggi si riunirà il gruppo tecnico che valuterà le tipologie di interventi chirurgici che possono essere fatti in robotica. Di sicuro, la chirurgia del futuro merita questo tipo di tecnologia e Fermo, in questo, avrà un ruolo».
A quando l’apertura di Medicina Amandola?
«Ho in programma di andarla a vedere insieme ai tecnici dell’ospedale per poi decidere come e quando. Stiamo aspettando i collaudi finali. Vogliamo capire i bisogni della popolazione e metterci le cose che servono in questo momento».
Che ne sarà del Covid Hospital di Civitanova finita l’emergenza? «L’Asur ce l’ha in comodato d’uso fino alla fine della pandemia, poi vedremo. La cosa positiva è che tutte le tecnologie che sono dentro rimarranno di proprietà del sistema pubblico. Nel piano pandemico regionale e nazionale sono previste queste strutture. Penso che dovremo riprogrammare le nostre strutture sanitarie tenendo conto di quelle che sono le caratteristiche delle malattie che avremo da qui ai prossimi cinquant’anni».