FERMO - Comincia con tremori appena accennati e arriva a trasformare la
vita di chi ne soffre. Dal Parkinson, oggi, non si guarisce, anche se
la malattia non compromette più di tanto l’aspettativa di vita di chi
ne soffre. In Italia, 15 persone ogni 100mila abitanti. I primi
sintomi, il più delle volte, compaiono attorno ai sessant’anni. Ma il
10 per cento dei malati, le prime avvisaglie, le ha più o meno a
quaranta. È il Parkinson giovanile che raramente si manifesta prima
dei trenta. Nel reparto di Neurologia del Murri, i pazienti seguiti
sono più di duecento. Ormai da anni, l’ospedale di Fermo ha attivato
un centro dedicato, con un ambulatorio specifico per i disordini del
movimento, dove si può effettuare la «terapia infiltrativa locale con
tossina botulinica per sintomatologia associata alla patologia di
base, quale blefarospasmo o scialorrea». Presi in carico dal reparto,
i pazienti fanno riabilitazione all’Inrca o alla Comunità di
Capodarco. Numeri e informazioni forniti ieri dall’Area Vasta 4, in
occasione della Giornata nazionale del Parkinson. Una malattia cronica
neurodegenerativa, causata dalla progressiva disfunzione e morte delle
cellule cerebrali dei nuclei profondi dell’encefalo. Le cause non sono
ancora completamente chiare. «Si tratta sicuramente – spiegano dalla
Neurologia dell’AV4 – di un’eziologia multifattoriale legata a
predisposizione genetica e fattori ambientali. La malattia progredisce
lentamente e non riduce significativamente l’aspettativa di
sopravvivenza». I sintomi principali si concentrano sull'alterazioni
della sfera motoria, «come bradicinesia, tremore e rigidità, con
conseguente difficoltà nell’esecuzione di movimenti automatici o ben
appresi, e adattamento motorio al variare delle condizioni
ambientali». Essendo una malattia multisistemica, il Parkinson
comporta anche disturbi non motori, «che riguardano l’ambito
gastroenterico, genitourinario, neurovegetativo e neuropsichiatrico» e
«un peggioramento della qualità della vita, anche in relazione a
modificazioni inerenti la sfera emotiva del paziente, i rapporti
all’interno del nucleo familiare e la sua partecipazione alla vita
sociale». Anche se, ad oggi, non c'è una cura che consente di guarire,
«esiste una vasta gamma di terapie farmacologiche e fisiche, oltre che
terapie alternative, che permettono una stabilità del quadro clinico e
un miglioramento del quadro emozionale».