di Francesca Pasquali
FERMO - Le convulsioni. La corsa al pronto soccorso. L’attesa, estenuante. Le dimissioni e il ritorno a casa. Un nuovo malore. E un nuovo ricovero. L’odissea che sta vivendo una 93enne di Fermo, la racconta la figlia.
L’anziana, adesso, si trova al pronto soccorso del “Murri”. Forse sarà ricoverata in Medicina. Il calvario della donna è cominciato venerdì scorso, quando s’è sentita male in casa. «Ha avuto una specie di tipo attacco epilettico. Ho chiamato il 118. Mi hanno detto di non accompagnarla perché, tanto, non sarei potuta entrare. Sono rimasta a casa ad aspettare», racconta la figlia, Maria Antonietta Luciani.
"Passano ore". La donna, che vive con la madre, chiama il pronto soccorso, ma non riesce a sapere niente. È sera quando le risponde un medico. Le dice che la madre ha avuto un’ischemia e che il quadro clinico va rivalutato dopo 24 ore. «Il giorno dopo richiamo. Mi risponde un altro medico. Mi dice solo che è vigile», spiega la figlia. Che le prova tutte.
Sabato sera, altra chiamata al pronto soccorso. «Ci hanno detto che il quadro era complicato e che doveva essere ricoverata in una Rsa» dice la donna. Altra telefonata domenica mattina. Completamente diverso l’esito. «Hanno detto che poteva tornare a casa. Sono andata nel primo pomeriggio e ho chiesto di parlare con un medico. Mi hanno risposto che una donna di 93 anni non si dovrebbe portare al pronto soccorso. Che c’era un ragazzo di venti che stava morendo» racconta Luciani.
Arrivate a casa, la donna s’accorge che la madre non sta bene: «Aveva la febbre. Ha vomitato. Leggendo il referto, mi sono accorta che aveva vomitato anche la notte precedente». A questo punto, la donna chiama la guardia medica. Passa la notte. L’anziana si lamenta. Dice di avere male alla schiena. Di essere caduta al pronto soccorso. La mattina dopo ha un nuovo attacco. «Non riusciva ad alzarsi e a parlare. L’abbiamo riportata al pronto soccorso», fa sapere la figlia.
È martedì, ieri. Dalla lastra esce fuori che l’anziana ha una vertebra incrinata. «Dovrà portare il busto per dieci giorni. Ha perso anche quel minimo di autonomia che aveva. Certo, sarebbe potuta cadere anche a casa e mi rendo conto che in pronto soccorso si lavora in condizioni estreme – conclude la figlia –, ma si può trattare un anziano in questo modo?».