FERMO - Ammirazione e grande apprezzamento per i colori caldi e la bellezza di sei tavole lignee delle Scene della vita di Santa Lucia di Jacobello del Fiore (le restanti sono in restuaro), provenienti da Palazzo dei Priori di Fermo), esposte da oggi e fino al 5 luglio, insieme ad altre 37 opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma delle Marche, nel Complesso di San Salvatore in Lauro a Roma e presentate nell’ambito dell’inaugurazione della mostra dal titolo Rinascimento Marchigiano del Pio Sodalizio dei Piceni.
L’esposizione, a cura di Stefano Papetti e Pierluigi Moriconi, frutto della convenzione siglata da ANCI Marche e Pio Sodalizio dei Piceni nel 2017, con cui si è avviato un importante lavoro di recupero delle opere d’arte danneggiate, in collaborazione con la Regione Marche ed il supporto scientifico della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche, rientra nel progetto con cui è stato individuato il recupero e il restauro un nucleo di 51 opere marchigiane di proprietà di 17 differenti Enti pubblici ed ecclesiastici delle Province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata.
Prima del taglio del nastro, in una sala gremita, alla presenza di numerose autorità, gli interventi, presentati dal Presidente del Pio Sodalizio Giovanni Castellucci, del Sindaco di Fermo Paolo Calcinaro, anche in veste di coordinatore della Commissione Protezione Civile di Anci Marche e quindi in rappresentanza anche dell’associazione marchigiana dei Comuni, ha evidenziato “come anche questa bella mostra rappresenti un esempio positivo di come, nel post sisma, recuperando l’arte e la bellezza i territori possano rialzarsi e rinascere. Un progetto concreto di come le idee possano diventare concretezza - ed ha ricordato “il successo della mostra sempre a San Salvatore in Lauro che ha visto protagonista nel 2017 l’Adorazione dei Pastori del Rubens di Fermo”. Quindi le parole di Simona Teoldi, dirigente della Regione Marche, dei curatori Moriconi e Papetti, di Paolo Iannelli del Mibact e della Soprintendente delle Marche Marta Mazza. Presente Marcello Bedeschi, Segretario Generale di Anci Marche.
Insieme al Sindaco Calcinaro era presente anche l’assessore alla cultura di Fermo Francesco Trasatti che ha dichiarato: “è stato un momento di orgoglio poter vedere come le tavole di Jacobello, di cui alcune sono ancora in restauro, siano state particolarmente apprezzate e abbiano destato l’ammirazione dei primi visitatori di questa mostra, segno che le opere che raccontano i nostri territori trasmettono sempre messaggi di grande cultura, assolutamente da promuovere”.
In mostra 37 opere che “vanno dal ‘400 al ‘700, alcune dall’alto valore devozionale e non storico-artistico ed altre invece dal grande valore storico-artistico”, come ha spiegato il curatore Stefano Papetti. Fra queste anche quelle dei Comuni di Sarnano, Monsampietro Morico e Monte San Pietrangeli, per cui erano presenti anche i Sindaci rispettivamente Franco Ceregioli, Romina Gualtieri e Paolo Casenove.
La mostra è un evento espositivo itinerante e dopo la prima tappa di Ascoli Piceno, fino a luglio sarà a Roma e si concluderà a Palazzo del Duca di Senigallia, dal 23 luglio al 3 novembre 2020.
JACOBELLO DEL FIORE
Appartenente alla scuola di pittura veneta, è stato attivo tra Venezia, le Marche e l'Abruzzo, tra la fine del Quattordicesimo e l'inizio del Quindicesimo secolo.
Jacobello del Fiore è stato allievo di suo padre Francesco del Fiore, anch'egli presente nelle Marche e a Venezia, dove è stato uno dei rappresentanti dello stile gotico tardivo. Lo stile di Jacobello del Fiore, nel corso della sua carriera, mutò alcune caratteristiche peculiari, dato che alle influenze paterne subentrarono quelle di Lorenzo e di Paolo Veneziano, e il goticismo 'duro' e 'severo' venne 'addolcito', grazie alle derivazioni di Gentile da Fabriano. Nel suo ultimo periodo artistico, Jacobello del Fiore si avvicinò ad un decorativismo sostanzialmente meno creativo e meno ispirato.
Carlo Crivelli e Michele Giambono sono stati suoi allievi. Dalle Marche scese in Abruzzo.
SCENE DELLA VITA DI SANTA LUCIA
Le otto tavolette facevano parte di un unico polittico collocato sull’altare maggiore della chiesa di Santa Lucia a Fermo; nel ‘700 risultavano invece in sacrestia, già smembrate. Entrarono in pinacoteca a seguito della demaniazione della chiesa. Vengono attribuite per ragioni stilistiche al pittore veneziano Jacobello del Fiore, molto attivo per l’area costiera adriatica da Pesaro a Teramo, verso cui inviava polittici e pale d’altare. Per Fermo Jacobello aveva dipinto anche un altro polittico (oggi Denver, Denver Art Museum) e una Pietà fra i dolenti per la chiesa di San Pietro (Kiev, Museo di Arte Occidentale e Orientale). In origine il polittico di Santa Lucia doveva avere al centro la figura della santa, dipinta su tavola o forse scolpita, come in altre opere dello stesso artista.
Gli otto episodi narrano la storia della martire: Lucia davanti alla tomba di sant’Agata vede in sogno la santa che le promette la guarigione della madre malata. In cambio Lucia vota la sua vita a Cristo, rinunciando alle nozze e consegnando i suoi beni ai poveri (2° pannello). Nella terza Lucia viene denunciata dal fidanzato per la sua fede e disputa con il giudice Pascasio. Condannata ad essere trascinata al lupanare, Lucia diventa pesantissima per azione dello Spirito Santo; neppure molti uomini e diverse paia di buoi riescono a trascinarla via (4° pannello). Lucia viene sottoposta a vari tormenti: messa al rogo (5° pannello), trafitta dalla spada (6° pannello); riceve la comunione (7° pannello); sepoltura di Lucia (8° pannello). Le scene sono ambientate su un fondo d’oro entro fragili e fantasiose architetture oppure contro sfondi rocciosi e su prati verdi: Lucia è riconoscibile in ogni pannello per lo stesso abito giallo lavorato sull’oro con i punzoni. Molta attenzione viene rivolta alla descrizione dei costumi (per es. del giudice, del fidanzato, dei vari astanti). La vivacità dei colori e l’efficacia delle scene narrative rendono queste scene piacevoli, ricche di episodi e di dettagli: il tono generale è quello della favola. Sono caratteri che permettono di considerare Jacobello uno dei massimi esponenti del gotico internazionale a Venezia, lo stile ornato e prezioso che si diffuse in tutta Europa fra la fine del ‘300 e i primi anni del secolo successivo.