MONTELEONE DI FERMO – “Ma siamo sicuri che sia una fonte del 16esimo secolo? Ma soprattutto come si fa a mettere una indicazione che poi in realtà ti lascia in mezzo al nulla lontano dall’obiettivo?”. La segnalazione di una coppia di lettori del nord delle Marche riguarda Monteleone di fermo e in particolare la ‘fonte Barocco’.
Un cartello di quelli che indicano un’attrazione di interesse storico e culturale, che si trova lungo la provinciale, a pochi chilometri dal paese. In realtà i cartelli sono due: uno indica la chiesetta della Madonna del XVII secolo , recuperata alcuni anni fa grazie al contributo della Fondazione Carifermo, l’altro, invece, indica una fonte ‘storica’ recuperata grazie a un contributo del Ciip.
Il problema è che mentre alla chiesetta si arriva comodamente con la macchina, della fonte, una volta arrivati alla chiesa dove finisce la strada asfaltata, non c’è traccia. Incuriositi dalla segnalazione ricevuta dai lettori, abbiamo verificato. Ed è proprio così.
Non resta che chiedere informazioni a uno dei residenti di quel piccolo gruppo di case. E da lì la scoperta. La fonte si raggiunge comodamente da un altro punto, meno di un chilometro più avanti, dove c’è anche uno slargo dove parcheggiare. Solo che in quel punto non c’è indicazione.
Chi segue invece l’indicazione del comune si ritrova di fronte a una specie di mulattiera da percorrere con un trattore o a piedi poco agevolmente. Ma soprattutto, da percorrere solo se qualcuno lo spiega, visto che la fonte si trova dall’altra parte del campo e a occhio nudo non si nota. Ma per fortuna una signora uscita da casa incuriosita dà le indicazioni giuste al viandante.
La seconda amara sorpresa, per chi ha voglia di perdersi tra le bellezze architettoniche di Monteleone, è che la fonte storica a un occhio magari meno istruito altro non sembra che una fontana per il bestiame o per lavare i panni di metà novecento. A dire il vero, anche ad occhi esperti. Quantomeno il recupero, più che il restauro, è senza dubbio del 20esimo secolo, con tanto di classico mattoncino e di pavimento cementificato.
“Una fonte del secondo dopoguerra con mattoni industriali trafilati e malta di cemento. Del resto, quando si recuperano le fontane, a meno che non si parli del Bernini, si tende a privilegiare l’aspetto funzionale” è un commento a caldo di un architetto, docente universitario, da noi contattato. Mentre un archeologo, chiamato per un secondo parere, aggiunge: “Il restauro ha meno di 50 anni. Di base il nucleo originale potrebbe essere del 16esimo secolo, ma non se ne vede nulla, mentre le due vasche sembrano di inizio 800. Di certo se c’è quel cartello è perché negli archivi avranno trovato qualche documento”.
Di nuovo c’è anche il collegamento fatto dal Ciip per evitare che si allaghi tutta la zona e che arriva nel fosso vicino da cui giustamente prendono acqua i contadini per alimentare orti e campi. Con tanto di comoda passerella.
Resta quindi alla fine del percorso la domanda: dando per buona la costruzione secolare, perché mettere il cartello in un punto più lontano e meno agevole per raggiungere la fonte? Non sarebbe meglio posizionarlo più avanti, poche centinaia di metri, creando un vero percorso che già c’è grazie a una strada percorribile anche in auto?
Al sindaco e alla Sovrintendenza delle Marche la risposta. Perché se è un bene così antico andrebbe valorizzato meglio, se non lo è allora si può anche evitare di segnalarlo non facendo rimanere i turisti in mezzo al nulla, se deve esserlo meglio promuoverlo quando ci si punta davvero.
Raffaele Vitali