MONTEGRANARO - La moda in Italia vale 110 miliardi di euro, il 5,3% del Pil. Un settore che veniva da dieci anni di aumento, si parla del 14% in due lustri. Ma a conferma che i fatturati no dicono tutto, nello stesso decennio si sono perse maestranze: si è passati da 507.000 unità nel 2013 a 499.000 nel 2023, grazie al sussulto post Covid. Ma oggi, con il settore in crisi, si torna ben lontani dai numeri del 2019, 511mila lavoratori.
I numeri emergono dal 58° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese. “La crisi del Made in Italy è dovuta a una totale assenza di strategia, una mancanza totale di politica industriale del governo. Del Made in Italy è rimasto solo il titolo della legge che qualche mese fa è stata approvata, ma di contenuto non c'è nulla, anzi registriamo una crisi in settori cruciali, rappresentativi dell'immaginario collettivo del Made in Italy. Penso alla moda, in primis” tuona Irene Manzi, onorevole del Pd che arriva dal distretto fermano maceratese, uno dei principali in campo calzaturiero.
Zona perno di quella filiera che il Censis quantifica in 80.000 realtà imprenditoriali, principalmente piccole e medie imprese, spesso a conduzione familiare, che preservano tecniche artigianali tradizionali e sfruttano l'innovazione tecnologica, quando riescono a indirizzare le risorse.
A livello nazionale, Prato è il più grande distretto industriale italiano, con 6.579 unità organizzative. Firenze si distingue nella fabbricazione di articoli in pelle (3.365 su 5.926 unità locali). Napoli conta 5.754 unità produttive, con eccellenze nella sartoria maschile di alta qualità. Milano con 4.638 unità è la capitale della moda italiana, tra atelier, fabbriche e sfilate.
“Made in Italy è anche design, cinema, audiovisivo e automotive. Servono azioni realmente strategiche da parte del governo, evitando decisioni sbagliate come il Tax Credit e il credito d’imposta mai risolto. Serve un piano industriale serio e misure che non siano esclusivamente punitive ma che puntino sostenere a rafforzare i nostri settori chiave” prosegue Manzi.
“L'Istat - ha concluso l’onorevole maceratese - ha dimezzato di fatto le previsioni di crescita del Pil. Non starei molto serena se fossi la Presidente del Consiglio. Il Paese è sostanzialmente fermo con il rischio addirittura di arretrare. Occorre fare appello alle migliori energie del Paese, a tutte le forze politiche per lavorare, ma seriamente, fuori dalla propaganda e per il rilancio, serio e per la crescita, seria, di questo Paese”.