FERMO – Il tempo è il vero nemico della moda in questo periodo. Non solo il tempo inteso come meteo, che ha un forte impatto sulle vendite, visto che continuano a saltare stagioni in particolare quelle invernali che garantiscono i veri fatturati; c’è il tempo del mettere a terra quanto concordato al Tavolo per la Moda del 6 agosto.
Tutti soddisfatti i partecipanti, perché le idee sono buone. “Quando ci muoviamo insieme come categorie i benefici al territorio non mancano” commenta Lorenzo Totò, presidente Confartigianato Moda. Del resto si è arrivati a Urso dopo mesi di lacrime e trattative territoriali.
Ne sa qualcosa il Fermano, e le Marche in generale, che partendo dal Tavolo per lo Sviluppo ha saputo coinvolgere l’assessore Antonini, che fa parte del Tavolo della Moda nazionale, e così poi il ministero.Ma il tempo vola.
“La crisi del sistema moda ha raggiunto vette inesplorate. Apprezziamo l'attenzione riservata dal governo alle emergenze del breve periodo ma bisogna fare di più per sostenere le aziende e salvaguardare know-how e posti di lavoro” commenta senza tanti giri di parole Claudia Sequi, braccio destro della presidente di Confindustria Moda, Annarita Pilotti, che ha parlato il giorno delle trattative.
“Il governo ha annunciato tre misure per sostenere l'emergenza: riscadenzamento del debito, provvedimento normativo volto a risolvere la questione del credito d'imposta R&S e pieno riconoscimento degli ammortizzatori sociali. concordiamo, ma di fronte all'introduzione dell'ipotesi transattiva mediante il riconoscimento di uno strumento a saldo e stralcio del credito, è stata inserita la non realistica percentuale del 50% dell'importo da riversare non è realistica. Lavoreremo con il governo per portarla vicina al 30%”.
Non ha neppure convinto Confindustria Moda il passaggio sugli ammortizzatori che il Mimit vede ancora disponibili: “I dati a nostra disposizione indicano, purtroppo, una realtà diversa in cui molte aziende hanno esaurito le disponibilità” prosegue Sequi.
Il crollo repentino nei livelli produttivi, già in corso negli ultimi mesi 2023, ha portato inoltre a una brusca impennata nel ricorso agli strumenti di integrazione salariale. Nei primi 6 mesi dell'anno, infatti, c'è stato un aumento nel numero di ore della Cig autorizzate pari al +138,5% (sono state autorizzate poco meno di 18 milioni di ore contro i 7,5 milioni di gennaio-giugno dello scorso anno).
I livelli attuali, inferiori negli ultimi 15 anni solo alle autorizzazioni record del primo semestre del 2020 e del 2021 di piena emergenza pandemica, risultano 4 volte e mezzo superiori a quelli di gennaio-giugno 2019 pre-pandemia (+351,1%) e del +15,4% rispetto a quelli dei primi 6 mesi del 2010, durante la crisi economica mondiale.
Per Sequi, che al tavolo ha portato la voce di Assocalzaturifici, Assopellettieri, Aip Associazione Italiana Pellicceria e Unic concerie italiane, in ogni decisione bisogna partire da un dato: “Il nostro comparto - prosegue - composto da circa 11.500 aziende per un fatturato complessivo pari a circa 33 miliardi di euro l'anno, vive un momento complesso che ci porta a dover affrontare situazioni per certi aspetti inesplorate. In ogni riunione abbiamo illustrato le problematiche legate ai fenomeni inflattivi, all'incremento dei tassi d'interesse da parte della Bce quale misura macroeconomica adottata per raffreddare la curva: oggi, gli oneri finanziari per molte imprese sono diventati insostenibili (Euribor 3M è pari a 3,705% al 26 luglio 2024, superiore di oltre 4 punti al dato di soli due anni fa) e la crisi in atto ha determinato un deterioramento del ciclo del capitale circolante”.
Se qualcosa non cambierà, l’ossigeno finirà: “ Questa situazione sta soffocando le imprese - conclude - e, unita a un contesto geopolitico difficile con due guerre alle porte dell'Europa e ripercussioni anche in Italia, sta rischiando di farci perdere quel manufatturiero di cui andiamo giustamente fieri. Le aziende non ce la fanno e rischiano di chiudere”.
Raffaele Vitali