FERMO – Da Montappone a Milano, sponda Mipel, con tante belle idee, frutto di una strategia ragionata in cui la seconda generazione dà più di una mano alla prima. È il modo di Complit, cappellificio con 30anni di attività, guidato da Amedeo Antinori.
“Il cappello è la mia vita e i miei figli sono cresciuti dentro l’azienda. Ma non li ho certo costretti, hanno scelto”. E potevano scegliere tranquillamente altro, considerando che uno viene chiamato il ‘filosofo’, perché ha estro e capacità creativa e l’altro è laureato in Ingegneria Gestionale. “Per lavorare qui dentro – precisa il patron – ti deve piacere. Non basta andare in cerca degli utili”.
E i due figli a quanto pare sono davvero entrati anima e corpo in azienda. “Porto le mie competenze, ma – ammette l’ingegnere Marco, 27 anni – la preparazione universitaria è più mirata la grande aziende. E invece quando sei coinvolto in una piccola devi essere pronto a gestire tutto, cominciando dalla valutazione sui costi”.
Complit è presente in Italia, Europa, Stati Uniti, Giappone e con un tipo di prodotti in estremo oriente. “La Cina è un mercato complesso. Non tanto per la distanza, quanto per la relazione richiesta. A loro non basta il prodotto, cercano accordi che portino poi a una parte di produzione. Ma noi teniamo al nostro made in Italy” riprende Amedeo Antinori.
Che ai figli ha affidato l’innovazione. Un esempio è il cappello, modello pescatore, in feltro 80 grammi: “Un prodotto leggerissimo che sarà sul mercato da marzo. Ha tante caratteristiche, una ad esempio è quella che puoi arrotolarlo e infilarlo in borsa, sapendo che quando lo riprendi tona perfetto” ribadisce Marco. È sodisfatto dell’idea coltivata con il fratello. Come innovativi sono i cappelli in tessuto lavato con le pietre, che li rendono diversi uno dall’altro. O le visiere fashion della collezione Piccarda, più che parasole sono accessori colorati e trasparenti.
“Bisogna stare al passo con la moda e dove possibile anticiparla, sapendo che poi ci soni modelli intoccabili, inclusi quelli di paglia che ci comprano perfino in Cina”.
Se la creatività non manca, quello che è più complicato modificare son i canali di vendita: “Stiamo investendo nell’online è un obiettivo. Il sogno sarebbe abbinare la realtà aumentata ai nostri prodotti, per dare davvero la sensazione di provarli, ma soprattutto per l’uomo è complicato, visto che la misura cambia in modo importante. diversa la donna, spesso più legata al modello che ala calzata”.
Per non farsi mancare nulla, in tempo di Covid, anche una parte di produzione dedicata ai sistemi di protezione personali con ‘Questa non è una mascherina’. Si chiama così la linea che ha una serie di benefit: il sacchetto in materiale riciclabile dove inserirla quando la si toglie e la scatolina che fa da packaging a sua volta di carta recuperata. U
na mascherina con filtro che si cambia e inserisce a mano, piccoli inserti in legno e soprattutto quel sacchetto che può diventare la pochette da mettere nel taschino della giacca.
“Modelli personalizzabili, in tessuti diversi, tutte rigorosamente fatte dentro la nostra azienda di Montappone. Abbiamo già avuto i primi ordini dall’America. è un in più, i cappelli restano il cuore, ma così ampliamo l’offerta” conclude Marco Antinori che durante il lockdown, quando la produzione è iniziata, ha destinato tutto l’incasso per finanziare concerti sul web e stare così vicino al mondo della musica, duramente colpito dal blocco di ogni attività”.
Raffaele Vitali