PESARO - Le sconfitte (65-85) hanno tante chiavi di lettura. Data per scontata quella banale che si può usare parlando di Pesaro-Milano, ovvero che sono più ricchi e forti, ce ne è una tecnica che se analizzata con attenzione può diventare uno stimolo per migliorare.
La Carpegna Prosciutto, dopo un inizio promettente (21-21), ha lentamente perso il match nel terzo quarto, quello in cui è emersa la capacità dell’Armani di prendere rimbalzi. Ma anche l’incapacità dei pesaresi di fare il più elementare dei tagliafuori.
Se uno concede tre tiri consecutivi a Milano (12 rimbalzi in attacco alla fine), poi uno i campioni lo segnano. È il caso della tripla che chiude il match, quella di Flaccadori per il 35-48. Meo Sacchetti si arrabbia, chiama time out, dà indicazioni chiare ai giocatori. Ma la chiarezza delle parole non si traduce in azioni efficaci. Tambone penetra e sfonda, Hall segna, Bluiett prende il ferro, Hall mette una tripla. In un amen il divario dilaga e Sacchetti ferma di nuovo tutto. Sperando che il time out funzioni come nel primo quarto, quando sul 7-16 ottenne un break dei suoi di dieci punti.
Ma i miracoli avvengono una volta, soprattutto perché le gambe minuto dopo minuto sono meno reattive. La coperta è corta senza Bamforth, che rientrerà domenica, e senza il nuovo acquisto McDuffie, anche lui atteso al debutto nella sfida salvezza contro Brindisi. Che ha perso all’ultimo istante contro Napoli. Non segnare per quattro minuti contro Milano è come condannarsi da soli alla sconfitta.
Poi che i giallorossi abbiano carattere lo dimostrano i tentativi di reazione di Bluiett, tanto protagonista quanto impreciso, e compagni. I sussulti ci sono, vedi il -12 arrivato quasi per caso nel quarto periodo dopo l’accoppiata Maretto-Tambone in attacco.
Problema resta la difesa, con i piccoli che perdono il proprio uomo dopo un palleggio aprendo così voragini nel centro dell’area che di certo non riesce a coprire Totè. Che si ritrova ogni tanto anche in panchina per le sue amnesie difensive, a rimbalzo in primis.
Quello che sta facendo Sacchetti, in attesa di avere la vera Carpegna Prosciutto è di provare a dare indicazioni di ‘comportamento in campo. È vero che predilige l’attacco, ma non piace nessun coach vedere gli avversari banchettare vicino al proprio ferro. E non piace neppure che uno come Tonut possa partire in palleggio farsi mezzo campo e segnare senza fatica sotto gli occhi di Visconti, che almeno sul -18 potrebbe spendere un fallo da aggressività e non da poca concertazione.
Ci sono davvero equilibri da trovare nella Pesaro del neo coach. Che non a caso chiude gli ultimi minuti senza pivot, con il solo Ford a difendere il ferro. Sarebbe il suo basket, ma non può neppure dimenticare che Totè e Mockevicius sono fondamentali se vuoi giocare con Cinciarini. Poi magari potrà forse farlo avendo in campo McDuffie e Bamforth al posto di Maretto, moto bravo nel finale contro Tonut, e Tambone, ma di certo non oggi.
Non era questa la partita da vincere, ma poteva dare qualche segnale in più. Difficile dire che si siano visti, le folate sono state più frutto della abulia di Milano. Che non sta bene, ma ha così tanti giocatori che può camuffare meglio le difficoltà. Quelle che Pesaro, invece, dovrà superare in sette giorni.
Perché il 28 gennaio, sia chiaro anche al pubblico, tutti dovranno remare dalla stessa parte per vincere il match che vale mezza stagione. Dovrà tifare il pubblico, dovranno segnare i giocatori, ma soprattutto dovranno metterci quella tigna che un palazzetto con oltre 5mila spettatori quantomeno merita (foto Masi-Ciamillo).
r.vit.