di Raffaele Vitali
PESARO - Quattro è il numero che da oggi i pesaresi ameranno un po’ di meno. Quattro come i minuti che dura la partita (8-19), nonostante i tentativi di recupero. Quattro come le partite che Milano ha dovuto giocare per andare in semifinale. Quatto come il numero dei falli che Pesaro ha commesso sempre troppo presto regalando tanti liberi facili a Milano. Quattro come le triple consecutive a inizio partita dell’Armani.
Finisce così l’avventura della Carpegna Prosciutto ai playoff. Non è riuscita a bissare gara 3, ma soprattutto Milano è entrata in campo con tutt’altro piglio. Perché non conta quello che avviene dopo se già dopo un quarto sei +17 e soprattutto hai segnato 34 punti, numeri da Nba.
Quando una squadra accumula tanto svantaggio non si deve limitare a fare canestro, deve anche evitare che l’avversario realizzi azione dopo azione. Quindi, doppia fatica e concentrazione. E per un gruppo corto come è quello di Pesaro, rispetto al mondo griffato di Messina, è qualcosa di titanico.
Così, ci si accontenta di alcuni momenti di reazione, quelli che fanno bene al tifoso, oltre che al giocatore, e ogni tanto riportano Pesaro a meno dieci, addirittura a meno 9 (37-46 sulla finta di Delfino al 18’). Ma a Milano bastano tre azioni ben costruite per ristabilire le distanze, magari approfittando anche di generosi regali di Cheatham, come i due liberi a fine secondo quarto trasformati da Shields.
L’intervallo lungo è la speranza di tutti. I sorrisi di Tamberi, Valentino Rossi e Pecco Bagnaia in tribuna dovevano essere la nuova benzina per i biancorossi. Ma Messina questa volta non ci trova nulla da ridere e resta concentrato. Come i suoi che piazzano un break grazie soprattutto ai secondi tiri resi possibili dal dominio di Melli dentro l’area pitturata.
Repesa, come il pubblico, non alza bandiera bianca, neppure quando i punti da recuperare diventano 22 e il tempo è di poco superiore a un quarto. Non molla perché c’è chi in campo non ha intenzione di subire senza reagire: Totè su tutti.
Che il primo quarto, ma forse i primi 4 minuti abbiamo segnato la sfida chiave lo dimostrano i parziali: -17, -15 e -17. E con loro il rientro in campo sempre segnato da un errore dei padroni di casa. I primi minuti dell’ultimo sono forse i peggiori, come quelli che seguono ogni volta i time out di Messina, che non sopporta i sussulti del mondo Beretta, non devono far dimenticare il buono mostrato.
Finisce 94-80 (Amrnai 17/31 da tre punti) la stagione di Pesaro, si vedrà se finirà anche l’esperienza di Repesa, che ha altri due anni di contratto ma più di una questione da chiarire. Di certo sarebbe un peccato perdere Totè, che è il giocatore migliorato di più in maglia Carpegna Prosciutto e quello che in assoluto, da un punto di vista offensivo, ha messo in difficoltà la difesa di Milano. Da valutare l’altro giovane, Visconti, che ha il carattere da serie A, ma deve trovare una identità.
Il pubblico non può che tributare un lungo applauso ai giocatori, tenendo per le piazze virtuali le critiche a società, staff tecnico e giocatori che segnano solo a partita già chiusa. Una grande stagione, resa meno brillante da un paio di mesi da dimenticare, chiusa con l’orgoglio di Delfino e di una città che un tempo con Milano si giocava gli scudetti e non i quarti.