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Micam, Valditara ai calzaturieri: il 4+2 è pensato per voi, prepara i giovani al lavoro. Manodopera formata arriverà anche dall'Africa

15 Settembre 2024

MILANO – A tagliare il nastro della 98esima edizione del Micam di Milano non c’è Adolfo Urso, ministro del made in Italy, ma Giuseppe Valditara, che guida il ministero dell’Istruzione ed è il grande artefice della riforma scolastica del liceo in quattro anni che permette di creare quel percorso 4+2 che unisce superiori e Its per creare una formazione sempre più connessa con il mondo imprenditoriale. Percorso che nelle Marche si sperimenta al Polo Urbani di Porto Sant’Elpidio.  Ma non solo, è anche l’uomo del Liceo del made in Italy che “attraverso  fake news si sta cercando di depotenziare”.

Urso è comunque voluto essere presente con una lettera: “Questa è un’occasione per celebrare creatività, innovazione equalità che contraddistinguono la moda e il lusso italiano, ambasciatori del made in Italy in tutto il mondo. Il settore della moda e del lusso è un simbolo di eccellenza che il mondo ci invidia. Genera valore, crea posti di lavoro e ci rende una nazione dinamica”.

Matteo Zoppas, presidente dell’Ice, non si nasconde: “Non è un momento roseo. L’export vale l’80-90% del totale del fatturato, capite che un calo nella moda ha una incidenza. Nel 2023 sul 2022 non abbiamo perso. Nel 2024 i primi mesi, da gennaio a maggio il sistema generale aveva retto. Ma non i calzaturieri e la pelletteria, che scendono nei primi 5 mesi del 9%. Noi interveniamo e foraggiamo lo sviluppo del mercato supportando le fiere, portando buyer, in due edizioni di Micam ne abbiamo coinvolti 250 internazionali. E poi accompagniamo gli imprenditori all’estero, creando collettive importanti”.

Non può essere altrimenti, l’export made in Italy vale il 40% del Pil. “Dobbiamo quindi favorire le competenze, anche a livello di export manager. La maggior parte delle aziende hanno la produzione, il commerciale Italia, di solito lo stesso imprenditore, ma per uscire servono competenze, è un vero mestiere. Bisogna conoscere mercati, rete distributiva e avere i contatti: per cui formiamo le figure necessarie”.

Se c’è una città che può parlare di moda è Milano. Lo ricorda Alessia Cappello, assessora allo Sviluppo economico: “La moda è la seconda industria per Pil del Paese. Il made in Italy è un marchio con una equity cruciale, per questo la filiera va sostenuta. Qui, ogni fiera ha una sua identità, ma unirsi in una piattaforma logistica comune è fondamentale, è una vera sinergia. Ma è cruciale formare e sono contenta che ci sia il ministro Valditara. Noi crediamo molto negli ITS, il polo formativo che racconta la squisita capacità del saper fare nostro raccontando non solo come si produce, ma che opportunità di carriera e futuro ci sono”.

Attualmente il settore ha un buco di 300mila posti e la metà delle Pmi racconta di non trovare le figure adatte, rischiando così di dover chiudere interrompendo la storia del nostro saper fare. “Non possiamo permetterci di far scomparire il made in Italy. Investire sul futuro è investire oggi sulla formazione di ragazzi e ragazzi, sulla formazione professionale e quindi sugli ITS” prosegue l’assessora. Che ricorda che “non si può parlare bene solo degli stilisti, perché poi se non c’è il sarto, il calzaturiero, chi taglia non potrà mai diventare il pezzo pregiato della nostra moda. Impariamo a raccontare le professioni”.

Giovanna Ceolini ha voluto Valditara: “Noi spesso raccontiamo la tecnologia, i nuovi mestieri, quanto è interessante il nostro mondo. Ma dobbiamo farlo vedere. Abbiamo creato cinque postazioni per far capire quello che si riesce a fare in un’azienda. Gli studenti invitati parleranno con imprenditori e altri giovani, grazie a Politecnico e Arsutoria. È nato così Micam Academy, è il ritorno dell’azienda dentro il Micam”.

I giovani servono, per ogni ruolo. Carlo Briccola, Mipel, tocca il tema del mismatch: “Entro il 2028 serviranno 21mila addetti, solo 9500 usciranno da istituti tecnici professionali. Per questo apriamo le porte di fiere e aziende per far conoscere il nostro lavoro. Dobbiamo farli emozionare per coinvolgerli. Sono 40 le professioni richieste dai tagliatori ai banchisti, passando per i commerce manager e analyst digital, fino a chi si  deve occupare della sostenibilità”.

Un messaggio lo riserva ai colleghi imprenditori: “In azienda dobbiamo imparare ad avere pazienza, non possiamo pensare che entrano in impresa e lavorano come un dipendente che sta lì da dieci anni: lasciamogli il tempo di formarsi. E soprattutto chiedo alle aziende grandi di mettersi a disposizione anche delle piccole”.

Se si è attrattivi, crescerà anche la componente femminile, fondamentale con le sue caratteristiche. Nel merito entra Fulvia Bacchi, ad Lineapelle, che rappresenta sei settori espositivi con le concerie dominanti: “Parliamo di settori che sembrano ‘maschili’ perché è richiesta più forza fisica. Ma l’automazione cresce, le concerie non sono più l’inferno che uno si immagina, ma delle astronavi con una grande automazione e digitalizzazione.

Sempre più donne a livello dirigenziale e nei processi legati alla sostenibilità, tante nei laboratori  di ricerca. E ci sono tante figlie degli imprenditori che hanno preso in mano le aziende, credono nel futuro del settore”. Prima d Valditara, l’ultimo spunto arriva da Agostino Polito di Assomac: “Ricordo che la formazione dura tutta la vita, soprattutto quando lavori con le macchine che cambiano nel tempo. e noi lo raccontiamo festeggiando il 50ennale”.

Il ministro sale sul podio e accetta la sfida: “A partire da questo anno scolastico, con una legge, abbiamo riformato l’istruzione professionale. Quando mi confronto con le associazioni di categoria e i singoli imprenditori e sento dire in maniera ricorrente ‘che manca il tessuto di tecnici, di professionisti formati che sono la base della competitività’ mi preoccupo. Da una parte non copriamo posti di lavoro disponibili, non sappiamo offrirli a tanti giovani che invece troverebbero anche stipendi dignitosi. Dall’altra non diamo un buon servizio al sistema produttivo, che così perde competitività non avendo addetti strategici per continuare. Da qui una riforma che trasforma la formazione professionale in una strada di serie A e non in un percorso di risulta”.

È così che si avviava una rivoluzione culturale: “Dobbiamo fare orientamento per far comprendere alle famiglie le prospettive di un percorso di formazione professionale. La riforma del 4+2, un modo per ottenere più rapidamente e con più qualificazione un posto di lavoro coerente con i talenti”. È l’inizio dell’alleanza tra scuola e impresa: “In Europa è un rapporto scontato, in Italia c’è chi ancora ha paura di questo rapporto che deve essere invece fecondo. Dobbiamo rafforzare la cultura del lavoro. E proseguiamo con il piano Mattei, formando anche in Africa figure che saranno fondamentali e arriveranno in Italia conoscendo già la lingua e in modo regolare. Presto avremo un incontro al Cairo per pianificare i percorsi. Ci crediamo e proseguiamo nell’esportazione del modello formativo per supportare il nostro sistema produttivo sia all’estero, dove servono professionalità, sia in un incoming di manodopera tecnico professionale”.

Ma il 4+2 è anche altro: “Quattro anni comporta programmi riformati con una alternanza a scuola potenziata, anche grazie a laboratori e alla ricerca che deve entrare a pieno titolo nel mondo tecnico professionale – lavoro fondamentale senza mai dimenticare italiano, matematica e inglese che sono quelle dove maggiore è il gap rispetto ai licei”.

Scuole aperte agli imprenditori, soprattutto per il tema dell’internazionalizzazione. E poi c’è il raccordo con gli ITS, i due anni di specializzazione. Infine, l’idea del campus, di un raccordo forte tra la formazione professionale regionale, l’istruzione tecnica, gli Its, le università e soprattutto il mondo delle aziende. “Tutto in un luogo fisico dove scambiare laboratori, didattica, attrezzature e far crescere una intera filiera produttiva. Il tutto a servizio dei nostri giovani e del made in Italy, che si regge su queste professionalità. Ne vorrei uno in ogni regione”.

Per il Fermano parte una nuova sfida, far sì che si scelga il territorio avendo la Fondazione ITS Made in Italy guidata da Andrea Santori, Ingegneria gestionale della Politecnica e istituti tecnici come il Montani.

Raffaele Vtali

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